Un’occasione importante per sottolineare un aspetto imprescindibile delle biblioteche a cui pochi pensano: l’attitudine all’accoglienza e alla responsabilità sociale. Il cuore del convegno Migrazioni / Biblioteche, organizzato dal Progetto Migrazioni, svoltosi venerdì 28 ottobre 2011 presso il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di piazzale Aldo Moro, è stato proprio questo. Con una domanda sospesa: è accettabile che in Italia si parli ancora di “biblioteca multiculturale” per distinguerla dalle altre? Non dovrebbero essere tali tutte le biblioteche?
La politica del doppio binario. Dall’ultima intervista di questa estate, Gabriella Sanna, responsabile del Servizio Intercultura delle Biblioteche di Roma, non è cambiata: insiste sull’importanza di preservare sia la “cultura di provenienza che quella di arrivo” per le seconde generazioni. Questa attenzione si basa sull’ipotesi secondo la quale “il mantenimento delle radici serve a rinforzare il percorso formativo e lavorativo dei ragazzi. Ricerche lo hanno verificato in Francia e Inghilterra. Dobbiamo verificarlo anche in Italia”. Per questo Biblioteche di Roma propone la “costruzione di un ‘modello interculturale’: conoscenza dell’italiano per gli stranieri, conoscenza delle altre culture per gli italiani”. I libri in lingua interessano anche loro, “per esempio quelli cinesi: studenti della facoltà di lingue orientali vengono da noi per trovare libri censurati o semplicemente tradotti… si può creare sinergia”. La realtà della biblioteca Marconi è esemplare: “qui si riunisce una comunità araba che convive con tanti altri libri e culture, qui vengono le donne arabe e bengalesi coi bambini – 40 iscritte quest’anno –”, qui si esprime il massimo della biblioteca come accoglienza.
Corsi di italiano che creano cittadinanza attiva e viceversa. Proprio queste donne rappresentano una delle utenze svantaggiate a cui le Biblioteche danno più attenzione con corsi appositi – “non parlano una parola di italiano perché non lavorano, escono solo per accompagnare i bambini a scuola” – poi, “i cinesi che hanno più difficoltà grammaticali, gli analfabeti…” Ciò che è cambiato rispetto a 3 mesi fa è che il numero delle biblioteche che insegnano l’italiano è aumentato: adesso “si insegna in 11 biblioteche – dopo la recente riapertura della Penazzato al Pigneto – e su più livelli A1, A2 e B1… con lezioni che prevedono l’orientamento sul territorio: dove andare per questioni di salute, per la carta di soggiorno, per la casa ecc. A fine corso si organizza sempre una grande festa e si attua così un circolo virtuoso che vede una partecipazione numerosa che crea cittadinanza attiva e di nuovo partecipazione e così via”. Questo anche tramite il portale Roma Multietnica, gestito dalle Biblioteche di Roma, che conta 5000 iscritti e 1100 utenze al giorno, dando rilievo a tantissimi eventi: capodanno cinese e Noruz (persiano, festeggiato in Iran), festività africane, spaziando sempre su più piani: musica, cinema, letteratura migrante, viaggi, libri…
La Biblioteca Europea è “giovane”, dice la direttrice Anita Raja, nata alla fine del 2006, subentrata alla Biblioteca del Goethe Institut. “Risorse via via ridotte hanno fatto chiudere molte biblioteche – quella del British Council o dell’ambasciata di Francia”, anche perché col tempo cambia dove si decide di ‘investire’ la cultura: il Goethe che ha 7 sedi in Italia ha voluto incontrare paesi come la Cina, ma per farlo ha dovuto prendere risorse ad altri. L’Europea ha inoltre ereditato parte della “bellissima e antica Biblioteca dell’Orologio: la collezione di traduzioni di letteratura straniera che oggi sarebbero difficili da trovare”. La collaborazione con la Fiera internazionale del libro di Bologna gli garantisce inoltre ogni anno il ‘regalo’ di 300 libri selezionati.
“Biblioteca a metà – la definisce la Raja: gestione comunale con catalogo multilingue” – grazie alla collaborazione di una serie di istituti di cultura come il Cervantes, l’Istituto Svizzero e Polacco, il San Luigi di Francia e altri con i quali si organizzano eventi a costo zero, soprattutto incontri con scrittori. “Non è una biblioteca specialistica, ma ha un rappresentanza significativa per ogni paese: 27 comunitari più la Svizzera. A partire dal nucleo più importante, quello tedesco, ereditato dal Goethe con 1400 titoli, ci sono le altre tre lingue europee principali: francese, inglese e spagnolo”.
“Piccola vetrina per ogni paese” – 600 mq, 65 posti a sedere, 8 postazioni internet – non può contenere più di 30mila volumi. Oggi è piena a metà: 23mila titoli, comunque la Biblioteca di Roma con più libri in lingua (12mila). La Commissione Europea l’ha sostenuta come partner, a partire dall’inaugurazione della Giornata europea delle lingue – ogni 26 settembre – sul principio dell’“apprendimento delle lingue fondamentale per l’integrazione”. In Europa esistono 23 lingue ufficiali per 27 paesi più quelle locali: “noi vorremmo rappresentarle tutte”. Per questo “abbiamo inaugurato alcune nuove sezioni specifiche con – per ora – un centinaio di titoli ciascuna: svedese, islandese, serbo, catalano, croato, bulgaro”.
Caldo e fresco, internet e libri. L’Europea è una “biblioteca internazionale e di quartiere: 45mila visitatori nell’ultimo anno con un’utenza straniera variegata. Viene lo studente o lo specialista e tutte le età e le classi sociali: immigrati, donne dell’Est – solo il giovedì pomeriggio perché spesso lavorano in casa – molte persone con disagi, che non hanno casa o sono alloggiati alla Caritas, ma che comunque hanno strumenti culturali, studenti Erasmus, persone che lavorano intorno agli istituti di cultura”. La cosa bella di una biblioteca è che “c’è accoglienza per chi è ai margini, in fondo è un posto dove puoi trovare caldo d’inverno e fresco d’estate, internet e giornali liberi”.
L’audiolibro che all’italiano non piace. “I documenti multimediali – il libro + cd/video – sono i materiali più richiesti”, anche tramite prestito interbibliotecario: “contiamo 482 corsi in 38 lingue, quindi quelle europee più le nuove sezioni, più gli altri idiomi come l’arabo e il cinese, più i dizionari. Vengono richiesti molti audiolibri che in Italia sono poco diffusi e le ‘letture semplificate’ di opere complesse, di edizione soprattutto inglese. Abbiamo anche testi per ragazzi e molti stranieri scelgono questi per la stessa ragione: letture più semplici”.
Altre biblioteche e altri eventi. Il Cser, Centro Studi Emigrazione Roma, ha anch’esso una biblioteca sulle migrazioni che di recente si è arricchita avendo assorbito libri provenienti dal Centro Studi di New York. L’Irpps, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Cnr, raccontato dalla tecnologa Rosa Di Cesare, ha una biblioteca di demografia con volumi riguardanti migrazioni, studi sulla famiglia e di genere; svolge inoltre ricerche sull’immigrazione straniera in Italia: flussi migratori, migrazione qualificata e politiche di integrazione. Ha pubblicato interessanti indagini come Quel giorno che gli albanesi invasero l’italia del 1992 su opinione pubblica e stampa. In quest’ambito si inserisce il Progetto Migrazioni del Cnr, che intende offrire un ulteriore strumento di lavoro per quanti indagano sulla relazione tra sviluppo economico e flussi migratori, sia nei contesti di origine che di destinazione dei migranti. Il 30 novembre 2011 si terrà un altro incontro tra Cnr, Caritas, Centro Astalli e Comunità di S. Egidio.
Essere utili, e dimostrarlo. Eugenia Cadeddu dell’Iliesi, Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee-Cnr, responsabile del Progetto Migrazioni, a conclusione del convengo, sottolinea l’ottimo richiamo alla responsabilità sociale e all’accoglienza delle biblioteche “che dovrebbe avere anche il Cnr, spesso chiuso in se stesso, perché non sono più gli anni ’80, bisogna dimostrare di essere utili, non solo esserlo”. Con il proposito di “creare una rete, per evitare la frammentazione delle iniziative” – aggiunge la Sanna – e di superare queste definizioni, perché come al solito siamo indietro: “il direttore della Queens Library di New York disse che da loro non si parla di ‘biblioteche multiculturali’ perché semplicemente qualsiasi biblioteca deve esserlo.”
Alice Rinaldi (31 ottobre 2011)