A settant’anni dalla morte di Janusz Korczak, pseudonimo di Henryk Goldszmit (1942-2012), medico, pedagogo, scrittore e speaker polacco di origine ebrea, l’Istituto Polacco di Roma in collaborazione con la Biblioteca Europea ha organizzato un incontro in sua memoria nell’ambito di Corso Polonia, Festival delle Arti Unite 2012. Il direttore dell’Istituto, Jaroslaw Mikolajewski ha intervistato la scrittrice Joanna Olczak-Ronikier, testimone diretta, autrice del libro autobiografico Nel giardino della memoria, premiato sia in Polonia che in Italia. A seguito dell’incontro è stata inaugurata la mostra fotografica e documentaria Janusz Korczak-Henryk Goldszmit 1942-2012: Il re dei bambini*.
Nel 1912 Korczak divenne direttore della Casa degli Orfani di Varsavia. Vi lavorava come volontario. Per 30 anni, fino al tragico epilogo del 1942. Fu nella Casa degli Orfani che realizzò nel modo più completo le sue idee pedagogiche innovative basate su un semplice concetto: “il bambino è un buon esperto della propria vita”. Qui fecero la loro comparsa il Tribunale dei Bambini, il Parlamento, il Giornale…
Baciare un lenzuolo. Prima guerra mondiale. Nelle terre polacche il 50% di bambini moriva prima di aver compiuto i 15 anni. Dopo la guerra la situazione non migliorò. I bambini poveri erano costretti a lavorare duramente: si era riusciti a ottenere per loro la giornata lavorativa di 8 ore, il divieto a lavorare di notte e al di sotto dei 5 anni, ma lo sfruttamento e la crudeltà non erano diminuiti. Nelle famiglie proletarie e contadine figli e genitori abitavano di regola in una sola stanza senza servizi sanitari. Scrive Aleksander Lewin, educatore della Casa degli Orfani: “fino ad oggi non riesco a dimenticare il piccolo Szmulus di 7 anni, misero e affamato. Era il suo primo giorno nella Casa. Era in piedi nel dormitorio di fonte a un vero, grande letto coperto da un lenzuolo fresco e candido. Non riusciva a credere che questo potesse essere il suo letto. Il letto nel quale d’ora in poi avrebbe potuto dormire. Dapprima lo aveva fissato a lungo, incerto, e poi di colpo si era inchinato e aveva cominciato a carezzare e baciare quel lenzuolo…”
“I bambini non sono più sciocchi degli adulti, hanno solo meno esperienza”, scriveva Korczak. Gli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo erano stati un periodo di lotta, per i diritti dell’uomo, quelli delle donne e anche quelli dei bambini. Korczak aveva segnalato la dipendenza del bambino dagli adulti, la sua posizione di inferiorità. Uno dei suoi principi era: “il nostro livello di conoscenza del bambino deve venir costantemente approfondito”. “È questa carica umana che caratterizza Korczak”, dice il direttore Mikolajewski, “e la sua idea principale: ‘i bambini, che si sentano liberi’” riportata in un suo testo del 1929, Il diritto del bambino al rispetto, e recentemente ripubblicato da Edizioni dell’Asino, libro che è ancora un “’codice stradale’ molto utile”.
I bambini avevano la possibilità, ma non il diritto, di venire istruiti. E spesso si trattava di educazione militare per i ragazzi e di formazione per future donne di casa, per le bambine. La Ronikier sottolinea “il pensiero principale di Korczak: ‘per riformare il mondo bisogna riformare l’educazione dei bambini’. Lui fu il medico della famiglia Ronikier, ma i ricordi della piccola Joanna sono nebulosi e infantili. Scrive nel libro: “è venuto a trovarci Korczak, per l’ultima volta, è venuto per congedarsi. Mia madre ha descritto la compassione per quel peso sovrumano che doveva portare l’amico – un uomo vecchio e stanco. Io non ricordo nulla. Stavo giocando con il cane. Sapevo che avremmo dovuto lasciare Varsavia. Che cosa sarebbe successo al cane? Era quella la mia preoccupazione maggiore”.
“La posizione di pensiero più nota, era molto semplice: ‘se si danneggia il bambino, lui danneggerà, se viene umiliato, umilierà, se violentato, violenterà. La stessa infanzia di Korczak fu difficile: faceva parte di quegli ebrei assimilati in Polonia, nel ghetto di Varsavia. Vivendo in uno stato antisemita, sicuramente subì vessazioni. Diventando lui stesso un personaggio controverso: violento, arrogante, difficile nei contatti con gli altri, ma riteneva che sfogarsi fosse un’esigenza naturale dell’uomo. Si tende a edulcorare l’immagine di un ‘eroe’, ma avendolo conosciuto posso dire che non era un “dolce nonnino” e si sarebbe arrabbiato se avesse sentito qualcuno descriverlo in questo modo. D’altra parte una sua celebre frase fu: “esisto non per essere amato e ammirato, ma per agire e per amare. Non è obbligo della società aiutarmi, ma è mio dovere prendermi cura del mondo e dell’ambiente”. La Rokinier scherza dicendo che in realtà “non lo sopportavo perché era bastian contrario come me e mi faceva scherzi che non mi piacevano, quando mi diceva: ‘quando morirai i tuoi giochi prenderanno il volo’”.
“Negava l’educazione edulcorata. Era convinto bisognasse dire ai bambini della morte. Essere sinceri con loro, prepararli. Iniziò a gestire l’Orfanatrofio dei bimbi ebrei sotto lo Zar, con criteri di tolleranza e rispetto. Negli anni ’30 cominciò a pensare che fosse necessario preparare i bambini al loro destino. Leggeva scritti di Marco Aurelio per trovare le parole giuste per dargli coraggio… Johann Heinrich Pestalozzi, pedagogista svizzero, fu uno dei suoi maestri, ma guardò a tanti altri nomi. Una volta organizzò con i bambini un lavoro teatrale ispirato a Rabindranatah Tagore: Tagore ideò una scuola psico-fisico-mentale per i bambini”.
Bisogna restituire ai bambini la loro voce. Korczak pensava che tutti i problemi pedagogici posso essere risolti solo grazie alla partecipazione attiva dei bambini, in quanto soggetti. Non credeva fosse possibile imporre loro, dall’alto, un sistema di valori. I valori dovevano maturare all’interno della persona, tramite errori e correzioni. “È lo spossante lavoro della crescita e della scoperta di se stessi. Solamente quando si intraprende un simile sforzo si diventa qualcuno. In caso contrario si rimane una marionetta, una creatura manipolata, schiava, ignara di ogni stereotipo” (A. Lewin, L’uomo e la sua opera).
Nel Tribunale erano i bambini a fungere da giudici. Nel suo Codice era scritto: “se qualcuno ha fatto qualcosa di male la cosa migliore e perdonarlo […] ma il tribunale deve tutelare l’ordine perché il disordine ferisce anzitutto la gente buona, onesta e coscienziosa”. Il Tribunale aveva il diritto di giudicare anche gli adulti. Korczak stesso si era più volte sottomesso al suo verdetto. Il Consiglio Autogestito era composto da rappresentanti degli educatori e dei ragazzi. Suo compito era reagire ai problemi degli abitanti della Casa, e prendere decisioni che acquistavano poi potere normativo. L’istanza suprema era il Parlamento dei Bambini. Esso confermava oppure rifiutava le leggi decretate dal Consiglio e stabiliva le festività celebrate all’interno della Casa.
Il motivo cardine dell’azione e dell’opera di Korczak era la necessità di garantire al bambino una qualità di vita adeguata in tutti gli ambiti: emozionale, intellettuale, fisico e sociale. È stato uno dei primi a occuparsi della questione dei diritti del bambino, il più importante dei quali, secondo lui, era il diritto al rispetto. Rispettare la sua dignità significava vedere in lui un essere autonomo con la propria sensibilità, bisogni intellettuali e sociali che necessitano attenzione, approccio del tutto innovativo per i tempi. Gli altri furono enumerati in svariate pubblicazioni: diritto all’amore, alla non conoscenza, all’insuccesso e alle lacrime, a sbagliare, a esprimere i propri desideri e sentimenti, alla proprietà, a vivere nel presente, allo sviluppo, alla giustizia.
“Il pensiero di Korczak è diventato un punto di riferimento per i redattori della Convenzione per i diritti del bambini”, dice l’Ambasciatore della Repubblica di Polonia Wojciech Ponikiewski, il più importante e diffuso documento internazionale per la tutela dei diritti dell’infanzia. Venne approvato, su iniziativa polacca, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, composto da un preambolo e 54 articoli.
Nelle sue opere di scrittore presentava il mondo dal punto di vista dei bambini: lo aiutava la sua capacità di imitare il linguaggio infantile, il suo senso di osservazione, la sua concretezza. Celebre la trilogia: Come amare il bambino; Momenti pedagogici; Il diritto del bambino al rispetto. Korczak creò per gli adulti l’immagine del bambino-essere umano, mentre ai bambini mostrò come misurarsi col mondo degli adulti pieno di cattiverie e ingiustizie. Nel suo libro più popolare Re Matteuccio I, il re-bambino viene sconfitto nel suo tentativo di introdurre le riforme che mettano sullo stesso piano bambini e adulti, ma impara così a essere umile, a rispettare la vita, a perdonare: “la felicità più grande è vivere, lavorare, combattere perché il mondo sia migliore”.
“La radio modificherà il peso specifico dell’essere umano”. Come speaker, le trasmissioni del Vecchio Dottore, come veniva chiamato, riunivano le famiglie intere davanti alla radio. I bambini gli scrivevano lettere a cui rispondeva sulle colonne della rivista Antenna. Alcune trasmissioni suscitarono grandi controversie, come quella che aveva per tema… la pipì. L’ultima trasmissione del Vecchio Dottore risale al 1939, a guerra già iniziata. Di sicuro si era rivolto ai bambini per tranquillizzarli e prepararli agli eventi. Durante la difesa di Varsavia (8-28 settembre) Korczak non smise di indossare la divisa polacca. Trascorse il suo tempo quasi ininterrottamente all’Orfanotrofio. Si potè ascoltare per l’ultima volta la sua voce il 23 settembre, durante l’ultima trasmissione della Radio Polacca. Tutte le registrazioni sono andate perdute.
Fin dall’inizio dell’occupazione Korczak cercò di procurare aiuti per la Casa degli Orfani. Ancora nel 1940 riuscì a portare i bambini nella colonia estiva di Rozyczka. Cercava aiuto materiale per gli orfani scrivendo lettere e petizioni, rivolgendosi a istituzioni e a persone private. “Il carteggio tra lui e le autorità tedesche ed ebree, è stato conservato” commenta la Ronikier, “in una lettera chiese un barile di grasso di balena per i suoi 100-150 bambini, le risposte era sempre uguali: ci sono altri bambini a cui pensare…” Nell’autunno del 1940 la Casa degli Orfani venne trasferita all’interno del ghetto. A partire dal febbraio 1942 Korczak si occupò di due orfanotrofi. L’istituto di via Dzielna era considerato una sorta di anticamera della morte. In questi mesi, da maggio ad agosto 1942, scrisse Il Diario del ghetto. I primi di agosto Korczak venne deportato nel campo di sterminio di Treblinka, insieme ai suoi bambini e ai suoi collaboratori.
Korczak rifiutò di lasciare il ghetto, nonostante le proposte di aiuto rivoltegli da amici. Il 5 agosto 1942, durante la Grosse Aktion, parte del processo di sterminio del popolo ebraico, decise di restare insieme ai suoi bambini e ai suoi collaboratori della Casa degli Orfani. La marcia di Korczak con gli orfani nel quartiere ebraico verso la Umschlagplatz ha un’aura di leggenda. Descritta in svariati diari e memorie, è diventata il simbolo del cammino della vita.
Il regista Andrzej Wajda, nel 1990, girò Dottor Korczak, nel film ripropone l’ultimo atto della sua vita, in modo favolistico: la marcia di lui con i bambini e gli stendardi… “invece fu straziante”, commenta la Ronikier, “sotto il sole, vestiti malamente, Korczak già stava male e non poteva prenderli in braccio. La realtà ha però bisogno di miti e leggende, altrimenti sarebbe insopportabile”. “Al 70esimo anniversario della sua morte eroica, dobbiamo ricordare il dovere di decenza nei confronti dei bambini”, commenta Mikolajewski, ma la Ronikier precisa: “si parla sempre della sua morte, ma per lui la scelta importante fu la vita. Molti altri pedagoghi sono morti come Korczak. Era ovvio che non avrebbe mai lasciato i suoi bambini”.
Alice Rinaldi
(23 maggio 2012)
*Sarà possibile visitare la mostra fino al 23 giugno 2012. Gli orari sono gli stessi della Biblioteca: martedì dalle 13 alle 19, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 10 alle 19, sabato dalle 9 alle 13. Per le scuole anche il lunedì e il martedì dalle 9 alle 12. L’accesso è libero e gratuito.