Grande novità per gli studenti stranieri che frequentano le università italiane: basta rinnovi annuali, il permesso di soggiorno avrà una durata pari a quella del corso di studi.
A stabilirlo è il decreto legge approvato lunedì 9 settembre su proposta del Presidente del Consiglio Enrico Letta e del ministro dell’istruzione, università e ricerca Maria Chiara Carrozza.
Il provvedimento, dal titolo L’istruzione riparte, intende gettare le basi per la scuola e l’università del futuro: “restituendo ai settori della formazione centralità e risorse” come fa sapere una nota di palazzo Chigi. E prevede in tal senso interventi in numerosi ambiti: dalle borse di studio ai libri di testo, dall’assunzione di docenti e dirigenti all’edilizia scolastica.
Tra le misure introdotte per semplificare il sistema universitario e della ricerca ce n’è una espressamente dedicata agli studenti stranieri, per i quali si stabilisce che il permesso di soggiorno avrà una durata allineata a quella del corso di studi o di formazione, nel rispetto della disciplina vigente sulle certificazioni degli studi e dei corsi formativi.
Per la ministra dell’integrazione Cécile Kyenge si tratta di: “Un grande passo per l’Italia, per rendere competitivo il nostro sistema universitario”.
Ad attestare la difficoltà del nostro paese di attirare studenti dall’estero sono i dati dell’ultimo rapporto dello European Migration Network Italia: è straniero soltanto 1 studente su 26 iscritti negli atenei. E sebbene il numero degli universitari provenienti da altri paesi sia cresciuto negli anni arrivando nel 2011 a quota 110 mila – di cui 62 mila non comunitari – la loro incidenza rispetto al totale, pari al 3,8%, resta nettamente inferiore a quella europea che si attesta all’8,6%.
Tra i principali ostacoli evidenziati dal rapporto c’è appunto l’incertezza del rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di studio, ma anche le difficoltà connesse alla programmazione dei flussi, alla concessione dei visti di ingresso, al complesso meccanismo di riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero. E ancora: lo scarso numero di borse di studio erogate, la carenza di residenze universitarie, la conoscenza limitata della lingua italiana, la bassa diffusione di corsi in inglese.
Sandra Fratticci
(12 settembre 2013)
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