A presentare il romanzo erano presenti l’autore Marco Wong, l’editrice Silivia De Marchi e Raffaello Ducceschi, che ha illustrato il libro con dipinti stilizzati del kamasutra che, per l’occasione, erano esposti alle pareti del cafè Cretcheu che ha ospitato l’evento. A moderare la presentazione Lucia Pozzi, capo redattore del Messaggero.
La collana Nativa di cui fa parte Nettare rosso – spiega De Marchi – è la sfida della casa editrice Compagnia delle lettere per dar voce alle seconde generazioni, nella convinzione che il contributo degli italiani migranti arricchisca la letteratura di questo paese.
La storia si incentra sul rapporto tra Stefania, ragazza cinese di seconda generazione da poco uscita da una relazione, e Luca, un ragazzo italiano assolutamente nella norma. Lo stile del romanzo, delicato e romantico, non scade mai nel volgare e la sessualità è raccontata in maniera pulita e libera da preconcetti, anche quando l’autore ci legge un passo del libro che descrive una festa fetish a cui partecipano i protagonisti.
La scelta di misurarsi con un romanzo erotico è nata – spiega Marco Wong – osservando il comportamento degli utenti di un sito di seconde generazioni. Molti uomini si iscrivono con la curiosità di conoscere donne cinesi, mossi dal preconcetto che siano tutte di indole docile e remissiva. Questa “ossessione sessuale” riguarda anche Luca che, al contrario, conoscerà in Stefania una donna decisa, lontana dallo stereotipo che aveva. La convinzione dell’autore è che i preconcetti possano essere superati e che oltre di essi si possa scoprire qualcosa di inaspettato ma non per questo meno interessante.
Altri pregiudizi emergono alla lettura dell’autore di altri passi del libro. La percezione distorta dell’impatto che l’immigrazione cinese ha sull’economia della città di Prato, ad esempio. Per forgiare un altro protagonista del romanzo – ci spiega lo scrittore – lo spunto è venuto dalla letteratura americana. Il personaggio di Silvia impersona la frustrazione e la rabbia dell’essere rifiutati dalla nazione in cui si vive. Lo stesso Marco Wong, italiano di seconda generazione, trova umiliante esser costretti a fare la fila per chiedere un permesso per vivere nel paese in cui si è nati. Il suo auspicio, nel narrare le vicende dei suoi personaggi, è che rabbia e frustrazione possano trasformarsi in energia positiva.
Davide Bonaffini
(10 Agosto 2010)