C’è tempo fino al 23 febbraio per ammirare le stampe degli artisti nipponici più influenti del secolo passato, esposte ancora qualche giorno all‘istituto giapponese di cultura a Roma nel cuore del nostro territorio. Se non farete in tempo a visitarla, non disperate. Dal 14 marzo al 2 maggio prende il via la seconda parte della mostra Giappone 900, che propone la parte restante della collezione dell’istituto: pitture, ceramiche ed arti applicate.
La mostra delle stampe si articola in più di una ventina di opere, frutto di maestria nell’adoperare le più varie tecniche di stampa tipiche dell’oriente, le stesse che hanno precorso di centinaia di anni la stampa a caratteri mobili di Gutenberg. Dalla xilografia, stampa attraverso l’incisione di legni, alla serigrafia, stampa attraverso la trama di un tessuto di seta, alla litografia, stampa mediante lastre di pietra calcarea.
L’esposizione si apre con il quadro Well, well, well di Ay Ō, un arcobaleno di colori dal tema surreale. L’opera dal cromatismo esasperato che caratterizza la produzione di Ay Ō che, nella corrente artistica Fluxus, realizzò alcuni happening ed ottenne fama internazionale partecipando alla Biennale di Venezia nel 1966. Altre esplosioni di colori – dai caratteri più tenui – con Fiori della via lattea, quadro astratto realizzato da Fukita Fumiaki, fondatore del dipartimento accademico d’incisione dell’università d’arte Tama di Tōkyō e pioniere della stampa da matrice lignea. Il quadro che dà l’immagine alla cartolina della mostra, invece, si intitola Strokes 90-II, di Hara Takeshi, famoso per la vistosa tecnica cromatica qui usata con frizzante e delicato equilibrio.
Dai colori più cupi, invece, Il cuore della resurrezione di Kobayashi Keisei, che risente dell’influsso di Escher. Da menzionare inoltre lo splendido Zucca, una serigrafia di Yayoi Kusama, la Scatola prospettiva di Takametsu Jirō e la stampa Diario di Noda Tetsuya, la cui serie è nota per l’utilizzo congiunto di xilografia e stampa su seta.
Davide Bonaffini18 Febbraio 2011