Una platea molto gremita : l’incontro che il Comune ha voluto promuovere tra tutte le donne romane immigrate ha avuto luogo con molto pubblico nella Sala Gonzaga, al centro della città, mentre nelle stesse ore sfilavano tre manifestazioni di donne a poca distanza per la ricorrenza dell’8 marzo. La padrona di casa dell’incontro è stata Tatyana Kuzyk, una delle tre consigliere aggiunte del Comune, albanese, affiancata dalla filippina Keti Bicoku, che lavora come giornalista per “Stranieri d’Italia”.
La formazione Hanno aperto subito sull’argomento oggetto del piccolo convegno : la formazione. E’ la strada indicata per tutte le donne straniere in Italia : lo studio e la formazione. Keti Bicoku ha riportato di aver incontrato recentemente il linguista Tullio De Mauro che glielo ha confermato : la conoscenza e la coscienza di sé passano attraverso la padronanza della lingua del paese nel quale ci si reca per vivere, e sono nello stesso tempo il veicolo migliore per l’integrazione. Per questo motivo hanno preso la parola persone che erano legate in un modo o nell’altro al mondo formativo : l’assessore alla scuola Gianluigi De Palo e Marco Margarita come promotore del progetto dell’Università “on line” Campus. Tatyana Kuzyk ha fatto notare che nel pubblico erano presenti donne di ben quattro continenti e molte rappresentanti delle più numerose comunità straniere, emigrate dalla Romania, dalle Filippine, dalla Polonia, dall’Ucraina. Nel Lazio le donne contano su una presenza un poco più elevata di quella degli uomini, 170 mila su un totale di 320 mila. Ha anche ricordato, lei albanese, che il primo arrivo dei suoi conterranei albanesi in Italia, nel 1991, risale esattamente a dieci anni fa.La formazione non temporanea ma continua, nel senso del lifelong learning, è l’obiettivo cui tendono le iniziative di formazione accese in diverse sedi e associazioni della capitale. Per concludere o per recuperare itinerari già perseguiti nei sistemi scolastici dei paesi d’origine : le persone immigrate con un curriculum di ingegneria o di medicina e che accettano di lavorare come aiutanti nelle case private sono casi frequenti, ha ricordato Costanza Fanelli, presidente della Casa Internazionale delle Donne, auspicando un cambiamento che le aiuti a riprendere in mano le loro ambizioni. E’ intervenuta con una sua proposta l’università privata Campus o “eCampus” attraverso le parole del suo promotore Marco Margarita : slides e video hanno accompagnato l’illustrazione, molto accurata, di questo istituto di formazione on line. Campus offre alcuni corsi di laurea ma soprattutto offre sostegno, recupero e la possibilità di acquisire titoli di studio utili per l’inserimento nel mercato del lavoro. Struttura tutti i suoi corsi telematicamente, cosa che rende possibile seguirli anche nelle pause del lavoro o da casa. Dietro sollecitazione del pubblico, ha promesso di offrire anche delle borse di studio. Occorre dire che spiccava, in questo ambiente così proiettato verso la formazione, l’assenza di qualunque proposta dell’Università italiana statale, che è stata scavalcata abilmente da un’iniziativa privata.Testimanianze Il pomeriggio è entrato nella sua fase più viva con una sequenza di testimonianze. La prima è stata la consegna di un diploma per una donna ucraina anziana e non in buona salute, che ha mandato al proprio posto il figlio, molto commosso : la donna aveva sposato un italiano subito dopo la guerra – uno dei primi matrimoni misti – e aveva scelto di rimanere in Italia anche dopo la scomparsa del marito. Una vicenda complicata e un po’ avventurosa come tutte le vicende dell’immediato dopoguerra.Hanno successivamente presentato se stesse e le proprie attività tre imprenditrici di tipo diverso, una filippina, una congolese, una ucraina. Il mondo della formazione è il campo del quale ha riassunto le attività una giovane filippina responsabile di un programma sponsorizzato da un’associazione ong in collaborazione con l’università filippina di Manila. Si è parlato di formazione della leadership e del management di un’impresa sociale. La figura più pittoresca, Rapindo Katirisa, congolese e sarta, gestisce un’impresa di import export per il commercio dell’”usato qualificato e ben curato”. Rapindo Katirisa, che fra l’altro è una rifugiata politica, ha descritto il suo percorso con grande vivacità, è stata molto applaudita, e ha concluso con un appello a tutti i presenti perché collaborino con il suo progetto. Senza dubbio l’esempio di un tentativo imprenditoriale particolarmente riuscito è apparso però quello di Natalia Kisman, ucraina, creatrice di alta moda, che prepara e forma le sue stesse indossatrici.
Simonetta Piccone Stella(9 marzo 2011)