Tra i palazzi maestosi di Via Nomentana, al civico 81, nasce, nel 1996, il ristorante Antichi Sapori della Turchia. I proprietari, Hikmet e Őzgűl Őzkaya, sono marito e moglie. Arrivati a Roma negli anni ottanta. “Abbiamo visitato anche altre nazioni europee, ma passata la dogana italiana, ho pensato di essere a casa. È un bel posto, la gente è calorosa e di cuore, la notte è piena di vita, è molto simile alla Turchia in questo” racconta Őzgűl. Il marito ha lavorato per dodici anni come cuoco presso l’Ambasciata Turca. Un vero professionista, poi, una volta in pensione, voleva assicurare un futuro ai suoi figli “e cucinare era tutto ciò che sapevo fare. All’inizio è stato duro, i soldi che avevamo erano destinati a ristrutturare gli interni e investire in pubblicità non era possibile”. Questo piccolo angolo di Turchia è cresciuto, giorno dopo giorno.
È ora di pranzo e dalla cucina i rumori delle stoviglie si confondono con gli odori che invadono prepotentemente la sala. Lasciarsi rapire dai sapori per gustare il fascino di una nuova cultura. Perdersi tra piatti preparati con pazienza e dedizione. Scoprire che il döner kebab, la famosissima carne cotta infilzata in uno spiedo verticale, è solo una delle tante ricchezze che questa cucina è in grado di offrire. Conoscere i meze, antipasti di tutti i tipi; i sigara boregi, prodotti a base di pasta yufka, con la caratteristica forma di sigaro, poi farciti a piacere. Assaporare la pide, pane molto simile alla nostrana piadina. Apprezzare il thai, il classico the che accompagna le deliziose pietanze e chiudere con la rinomata e autentica baklava, dolce tipico a base di frutta secca e sfoglia.Una cucina mediterranea: verdure, olio d’oliva, carne e pesce sono gli ingredienti principe. Non hanno difficoltà, quindi, a reperire la grande maggioranza delle materie prime, il resto arriva direttamente dalla Germania, lì i tassi di popolazione turca sono alti.
E i clienti? Il locale è per lo più frequentato da intenditori: giornalisti, professori e diplomatici che attivano un passaparola. Poi, aggiungono sorridendo “ah voi italiani, abbiamo tanti amici, ma sono troppo legati alla loro tradizione culinaria, non riescono a provare. È un peccato, continua Hikmet, forse parlo per orgoglio di cuoco ma la cucina turca è una storia singolare che merita di essere conosciuta. È sapere. Sono in tanti, però, che dopo l’iniziale diffidenza chiedono il bis e tornano con gli amici”. Un mantra che Hikmet e Őzgűl hanno fatto proprio. Come una sorta di benvenuto, una frase racchiude accuratamente le loro parole, stampata a grandi lettere nelle prime pagine dei menù distribuiti sui tavoli: “Non si può pensare ad un piatto e dire che è solo cibo, esso racchiude un intero processo di civilizzazione”. E allora non resta che augurarvi: Afiyet Olsun, Buon Appetito!
Giuseppina Casciaro
(15 marzo 2011)