Il 29 agosto gli Imam hanno osservato il cielo e sono tra loro convenuti: è sorta la luna nuova, si è entrati nel decimo mese islamico. Il Ramadan è concluso, che la festa abbia inizio. Eid Mubarak!
Eid ul fitr 2011 Il passa parola avviene attraverso tv, internet, telefonate, sms, mail. In un solo pomeriggio tutti i musulmani vengono a sapere che quella sera, per quest’anno, ci sarà l’ultimo Iftar (pasto della rottura del digiuno) e preparano il vestito per la festa dell’indomani: l’Eid. Dati i mezzi astronomici attuali si potrebbe non attendere l’annuncio ufficiale, ma “è tradizione aspettare che i dotti di riferimento dei diversi Paesi vedano la mezzaluna nel cielo. Da quel momento in poi si telefona ad amici e parenti per organizzare o confermare gli appuntamenti della mattinata di preghiera e del pranzo dell’Eid” spiega in un inglese non molto fluido Rubian, giovane pakistana di rara bellezza che, lasciate le scarpe sui gradini della grande Moschea, cerca un posto dove sedersi con il viso rivolto alla Mecca. Sono le 8.30, sul tappeto dell’area femminile donne e bambini resi docili dal sonno intonano la loro prima preghiera. Dalla balconata si vede la sala centrale della Moschea destinata agli uomini: anch’essa è gremita.
La grande Moschea di Roma. Chiunque, anche l’ateo che soffre di irritazione alla pelle quando si trova nei luoghi di culto, rimarrebbe estasiato nel visitare la Grande Moschea di Roma nel giorno dell’Eid. Bosnia, Somalia, Albania, Macedonia, Pakistan, Canada, Bangladesh, Filippine, Turchia, India; ed ancora Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria. Sembra non mancare nessuna nazionalità all’appello. Inoltre nel corso del Ramadan i banchetti hanno visto tutte queste nazionalità riunirsi allo stesso tavolo. Buona norma è infatti condividere il pasto di rottura del digiuno e il pranzo dell’Eid con persone che non si conoscono e con i non-islamici.
L’incontro dei popoli. “Nel vecchio testamento la separazione tra gli uomini con la creazione delle differenti lingue è una punizione divina. Per il Corano la diversità è una benedizione” sottolinea Enes, ventenne macedone a Roma per motivi di studio. “Nel Corano è scritto: «In verità vi ho creato da uomo e donna e ho fatto di voi popoli e tribù affinché vi conosciate reciprocamente»” recita orgoglioso Salameh Ashour, Imam di origini palestinesi e docente di cultura araba. Salameh risponde alle domande solo dopo aver spiegato il suo nome, che significa pace. “Quando si parla di Allah bisogna iniziare dal proprio nome che è una sorta di impronta sulla persona”. E caso vuole che Alida, nome della moglie di Salameh, di origini italo-tedesche, significhi “guerriera”. Una complementarietà niente male.
La preghiera scandisce la mattinata, tre momenti che si alternano con gli incontri nel cortile e nel mercato antistante l’entrata principale. Le offerte per la Moschea vengono raccolte fuori dal cancello, dove coppie di uomini tendono dei lenzuoli nei quali la gente passando può lasciare un libero contributo. Per l’occasione, come ogni anno, sono presenti due Imam ‘in trasferta’ dall’Egitto che intervengono nel sermone di chiusura delle preghiere. In queste non ci sono strumenti musicali ad accompagnare le parole dei fedeli bensì il delicato tonfo corale di centinaia di uomini e donne che si inginocchiano.
La visita del sindaco. Verso le undici una calca di fotografi e curiosi segnala che ai piedi della fontana sta accadendo qualcosa. Il Sindaco di Roma Gianni Alemanno incontra i fedeli, il presidente del Centro Culturale Islamico della Grande Moschea e i delegati dei vari paesi arabi. Sabrina Lei, trentenne romana, aspetta di consegnargli dei libri della sua neonata Jay Editore. “Traduciamo in italiano i testi dei grandi autori musulmani. Vorremmo diffondere una corretta conoscenza della cultura islamica. Oggi ne stiamo dando in omaggio alcune copie”. “Crediamo che una cultura islamica europea sia possibile. Quando vado in giro con Sabrina non credono che sia italiana, questo perché porta il velo. Come fossero due cose inconciliabili” interviene Abdel Latif Chalikandi, il marito di Sabrina. E’ indiano e ha conosciuto sua moglie all’università Gregoriana. “Io studiavo filosofia antica e Abdel, che viveva a Londra, è venuto per un seminario sull’islam” racconta Sabrina. Sposati da cinque anni uniscono la passione per la filosofia con il credo religioso.
Italiani convertiti. Sabrina non è un caso raro. Sono molti gli italiani convertiti, spesso appassionati studiosi. “Mi sono accostato all’islam subito dopo l’attentato alle torri gemelle. Avevo 14 anni e volevo saperne di più riguardo a questa religione che veniva accusata in maniera generalizzata. Ho cominciato a leggerne i testi, ad andare in Moschea per parlare e conoscere i dotti. La conversione per me è stata inevitabile” racconta Davide che oggi ha 24 anni, porta il nuovo nome di Mohammed e conosce il Corano e gli Hadith (detti del profeta) come pochi. Sposato con Halima, una giovane di origini marocchine, studia i testi teologici islamici e traduce i discorsi dei Sapienti diffondendoli tramite mailing-list alle persone italiane interessate all’islam (mohammedroma@hotmail.it). “Ho grandi progetti, vorrei studiare e diventare un sapiente io stesso”.
Shahada. “Nella prima settimana di settembre farò la Shahada, la dichiarazione di fede qui nella grande Moschea. E’ un rito molto semplice, sono emozionata”, racconta Fabiana, romana di 22 anni. Si è avvicinata alla religione islamica dopo aver fatto, per due anni, un sogno ricorrente: vedeva se stessa con l’jihab. “Qualcosa che non avrei mai immaginato. Sono un ex-militare e tutt’oggi faccio l’istruttrice nella polizia locale”. Quando Davide e Fabiana hanno dichiarato la loro fede in famiglia hanno ricevuto in risposta un silenzio che definiscono indifferenza. Immaginiamo si possa chiamare mutismo da shock culturale. Sabrina ride raccontando che la madre ha dovuto smentire le dicerie del paese in cui vive, Fiumicino. “Credevano mi fossi fatta suora!”.
La festa dell’Eid alla grande Moschea porta il buonumore. Sembra di essere in un luogo senza cittadinanza, senza barriere e senza pregiudizi. La festa dell’Eid alla grande Moschea porta anche un po’ di amarezza. Si ha la consapevolezza che vivere una convivenza così varia e gioviale è legata necessariamente da un unico collante comune; in questo caso religioso. E’ bello immaginare una festa dove la varietà geografica sia accompagnata dalla varietà religiosa e di pensiero. Un patchwork pieno di differenze e comunanze; tanti domino colorati, sovrapposti ed intersecati.
foto di M. Daniela Basile
M. Daniela Basile(8 settembre 2011)