Salgono sul podio del Festival del Cinema del Mediterraneo, a pari merito, la Turchia di Zefir e l’Italia di Io sono lì. Questo il verdetto della giuria di Piuculture, giunto nella tarda serata di giovedì dopo una lunga discussione. Impossibile per Deniz Ozkocak, Teodora Madasa, Alì, Halima Tanjaoui, Jolie escludere uno dei due film. Perché in entrambi trovano quelle verità che, per la loro sensibilità multiculturale, fanno il buon cinema.
Le ragioni della scelta. “Per noi, che apparteniamo a culture diverse, la bellezza di un film sta nella capacità di raccontare i paesi attraverso le storie delle persone, i problemi che affrontano ogni giorno e le loro emozioni”. È questa la ragione che ha spinto i giurati a dichiarare l’ex aequo. “Abbiamo scelto Zefir perché rappresenta un tema attuale e poco trattato, quello dei bambini che crescono lontani dai genitori, costretti per lavoro a trasferirsi in un’altra città o in un altro paese”. Un film che, secondo la giuria, riesce ad esprimere il dolore della separazione e le conseguenze che gli anni trascorsi distanti hanno sul rapporto tra genitori e figli.Anche nel caso di Io sono lì viene premiata la capacità di comunicare un messaggio universale e innovativo: “Racconta il sacrificio di una madre, è una storia di amicizia e di incontro tra culture”. Molto apprezzata l’interpretazione: “In particolare l’espressività della protagonista che trasmette tutta la sua disperazione soltanto attraverso gli occhi”. Affrontando quindi tematiche delicate: “Senza esagerazioni e inutili tragedie”.Vincono dunque l’originalità, l’attenzione al sociale visto attraverso le esperienze di gente comune e una sensibilità che tocca le corde interiori evitando il ricorso ad eccessi e forzature.
Il senso di un’esperienza. L’avventura della giuria popolare multiculturale conferma l’intuizione che ne aveva guidato la nascita. Il cinema può essere terreno di incontro tra culture e questo, a sua volta, arricchisce l’esperienza cinematografica ed il vissuto personale.
È un’alchimia particolare quella che si viene a creare tra i cinque giurati, cittadini provenienti da Turchia, Romania, Kurdistan, Marocco, Filippine. Un intreccio di storie personali e sociali, di competenze culturali maturate tra i paesi di origine e i luoghi con cui sono venuti a contatto, direttamente o attraverso altre storie di cittadini del mondo come loro. Un bagaglio che ognuno ha messo in gioco nella visione dei film in concorso e, soprattutto, nel confronto con gli altri. Così, ad esempio, è lo sguardo di Teodora, nata da mamma romena e papà serbo di cultura zingara, che consente di cogliere appieno il simbolismo di “If the seed doesn’t die”. È l’esperienza di Alì, rifugiato politico proveniente dal kurdistan iraniano, che permette di afferrare il senso di ribellione espresso dal film “Orion”. È la vita trascorsa in un paese come la Turchia, crocevia tra Europa, Asia e Nord Africa, che fa di Deniz un attento conoscitore delle culture balcaniche e mediorientali.Più in generale è l’idea della vita come un viaggio, un’occasione continua di incontro con nuove storie e culture, che ha animato i lavori della giuria. Ogni film si è trasformato nello spunto per far emergere altri racconti, visioni, suggestioni.
I prossimi appuntamenti. “Da questa esperienza usciamo tutti più ricchi. Noi di Piuculture, il MedFilmFest, gli stessi giurati che hanno lavorato con passione”. A parlare è Nicoletta Del Pesco, direttore del giornale online Più Culture, edito dall’omonima associazione. “Per questo ci stiamo attivando per far sì che possa avere un seguito”. L’idea è organizzare delle serate di proiezioni per cittadini italiani e stranieri. “Inviteremo i nostri giurati, ma anche i loro amici e i lettori di Più Culture. Perché pensiamo, e la nostra giuria lo ha dimostrato, che guardare un film con persone che appartengono a culture diverse permetta di cogliere nuovi significati e punti di vista”.
Sandra Fratticci(27 novembre 2011)