“Vogliamo accrescere l’attenzione che le forze politiche dovrebbero mettere in atto per arrivare ad una nuova impostazione progettuale sul tema dell’accoglienza degli immigrati”, le parole con cui Giorgio Alessandrini, consigliere del Cnel – Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – ha introdotto la conferenza stampa di presentazione dell’VIII rapporto sugli indici di integrazione sociale degli stranieri in Italia, avvenuta lo scorso 16 febbraio nella sede di via Lubin 2. “L’impegno delle istituzioni locali, della società civile e dell’associazionismo è enorme e lontano dalle polemiche e strumentalizzazioni ai fini elettorali che ha lasciato un vuoto nella cornice legislativa nazionale. Senza interventi strutturali e risorse economiche adeguate tutti gli sforzi rischiano di diventare inutili”.
Cittadinanza e voto amministrativo Per Alessandrini esistono questioni che andrebbero riviste perché condivise dall’ampia maggioranza della popolazione italiana, come la cittadinanza per i ragazzi di seconda generazione e il diritto di voto alle elezioni amministrative per i regolari da almeno cinque anni nel nostro paese. “I tempi sono maturi, le famiglie hanno già sperimentato la realtà interculturale che vivono i figli nelle scuole. Siamo in un anno difficile, gli equilibri parlamentari sono precari, forse bisognerà attendere un’altra legislatura, ma già il fatto che il governo abbia ideato un ministero di cooperazione e integrazione è segno di una linea innovativa, di cui abbiamo bisogno”. Dichiarazioni che trovano d’accordo Claudio Cecchini, assessore della Provincia di Roma: “Se proprio non si vuole passare allo ius soli automatico, ci vorrebbe almeno una via di mezzo, come la possibilità già al primo anno di scuola dell’obbligo di acquisire la cittadinanza. Raggiunta la maggiore età la finestra di un solo anno per farne domanda, opportunità pubblicizzata poco e male, è insufficiente”. Sul voto: “credo che gli immigrati abbiano l’ambizione di partecipare attivamente allo sviluppo del nostro paese, va aperto un dialogo. Questo governo forse ha poca agibilità politica, ma può promuovere campagne di sensibilizzazione”.
Politiche degli enti locali “Sul piano locale il fenomeno immigrazione deve essere governato, non va subìto né cavalcato. Ma la legislazione nazionale va rivista. Sebbene siano passati solo 10 anni dagli ultimi interventi, l’evoluzione degli eventi è stata così rapida da renderli datati. Noi abbiamo investito molto, compatibilmente con il bilancio a disposizione, ma ci siamo sentiti lasciati soli. Gestiamo direttamente 13 centri servizi, con 45 lavoratori su 48 stranieri, ben qualificati, laureati e poliglotti. Organizziamo bandi annuali per finanziare progetti sia comunali che di associazioni che favoriscano i percorsi di inserimento. Siamo consapevoli della drammaticità del momento ma senza benzina il motorino non corre. I tagli agli enti locali sono più gravi rispetto a quelli alle istituzioni centrali, noi siamo più prossimi alla popolazione”.
Dati statistici Per stilare l’VIII rapporto sono stati presi in considerazione tre gruppi tematici, l’attrattività dei territori, inserimento sociale e quello occupazionale, ciascuno con cinque indicatori statistici, nei livelli provinciale, regionale e nazionale. Facendo una media delle categorie, con i valori attribuiti su scala centesimale, la regione con i risultati più alti per potenziale di integrazione è il Friuli, al settantesimo percentile, il Lazio solo in quattordicesima posizione con 49.2. “L’inserimento sociale è risultato più facile nei contesti medio-piccoli, a dimensione d’uomo. Friuli, Marche, Umbria e Trentino le prime quattro regioni”, spiega Luca Di Sciullo, curatore del rapporto. Tra i dati più importanti, l’accesso al mercato immobiliare e l’incidenza dei costi sul reddito medio. Anche qui il Lazio presenta le maggiori problematiche, con addirittura il 55% contro un 35% della media nazionale. “Si è riscontrata una correlazione tra indisponibilità alla casa e assenza familiare in loco con la criminalità. Sono aspetti da valutare per la prevenzione”. Sull’istruzione, circa 1/5 degli iscritti a scuole superiori ha optato per un liceo, scelta che presuppone il proseguimento degli studi “e un affrancamento dal posto di lavoro come sostentamento immediato. Stavolta il Lazio è al di sopra della media, al 30%”. Grave la mortalità dei permessi di soggiorno tra il 2009 e il 2010, anno di piena crisi economica. Oltre 1/3, circa 900mila su 2,5 milioni, non sono stati rinnovati. “Se si escludono i pochi casi di acquisizione della cittadinanza o del permesso di lungo periodo, si tratta di persone diventate irregolari e probabilmente rimpatriate”. Ma a parte il settore industriale, la recessione è stata ben ammortizzata nel terziario e nel lavoro femminile: “quasi il 60% delle donne ha avuto continuità di impiego nel 2009, con il Lazio al 65%”.
“Da questo rapporto sono emerse novità interessanti, su altri aspetti si deve indagare ancora”, il commento di Maria Cecilia Guerra, sottosegretario del ministero del Lavoro con delega per le politiche sociali e dell’immigrazione. “Oltre la comparazione interna tra regioni bisognerebbe vedere quella tra stranieri e autoctoni o tra Italia e altri paesi, così come rilevare la portata del lavoro in nero, compito difficilissimo. La sfida è dare continuità alle analisi, perché ogni fenomeno si capisce meglio con la sua evoluzione”. Serviranno nuove politiche, che prescindano dai vecchi sistemi, come “stabilire rapporti stabili con i paesi d’origine, puntare su un’immigrazione di qualità, favorire la formazione sul posto per evitare che chi arrivi sia già in fascia d’emarginazione. È vero che questo governo ha come missione principale il risollevamento economico, ma per le politiche sociali si può fare molto partendo dai concetti di inclusione e integrazione. Anche campagne culturali e di sensibilizzazione in merito, affinchè non sia tutto liquidabile con slogan o battutine”.
Gabriele Santoro(17 febbraio 2012)