Originario di Firmo, un piccolo comune in provincia di Cosenza dove vive un’importante comunità di etnia albanese, don Pasquale Ferraro è oggi il coordinatore nazionale per la pastorale degli immigrati provenienti dall’Albania. Dal 2004 è parroco della chiesa di San Giovanni della Malva a Trastevere dove la comunità si ritrova per la celebrare le liturgie.“Come si è arrivati a scegliere la chiesa di San Giovanni della Malva per accogliere la comunità albanese?”Prima che assumesse questa funzione la chiesa era inutilizzata, per questo quando nel 2004 ho fatto una richiesta ufficiale alla Conferenza Episcopale per l’assegnazione di una parrocchia alla comunità albanese si è deciso di scegliere San Giovanni della Malva.“Come è stata accolta questa decisione dagli abitanti del quartiere di Trastevere?”Non ha suscitato reazioni particolari perché tra i fedeli che partecipano alle liturgie, pochi abitano o trascorrono molto tempo in questa zona. La maggior parte di loro vive in periferia o addirittura fuori Roma.“Chi sono gli albanesi che frequentano la sua parrocchia?” Ci sono soprattutto giovani, sia coppie che operai e studenti. Alcuni di loro vengono dal Vicariato che si trova nel quartiere di Trastevere, molto vicino alla nostra parrocchia. Sono circa una quindicina a vivere lì come studenti.“La religione può essere considerata un elemento di coesione sociale tra loro?”Per la comunità albanese la religione è un momento di coesione sociale. La messa è un’occasione per incontrarsi. È anche grazie a questa predisposizione al contatto umano che apprendono dell’esistenza della parrocchia: il passaparola è un mezzo fondamentale.“L’ateismo di stato degli anni della dittatura ha influito sull’attuale senso di religiosità della comunità albanese?”L’ateismo ha influito sulla cultura religiosa. E’ stata completamente smantellata la struttura del clero. Molti degli ecclesiastici di un tempo sono morti e i giovani non sono ancora stati in grado di recuperare a pieno l’antica religiosità. Il popolo albanese non risente soltanto delle imposizioni della dittatura comunista ma anche di un altro periodo di repressione , il dominio ottomano che si è protratto fino al 1912. I turchi hanno imposto l’islamismo in Albania per oltre cinque secoli, il risultato è il forte sincretismo tra cattolicesimo, ortodossia e islamismo riscontrabile oggi. La religiosità degli albanesi si identifica con le tradizioni più che con un senso profondo del credo che dicono di professare. In alcuni rituali questo intreccio tra le diverse religioni è davvero evidente.“Può portare qualche esempio?”Il 6 gennaio per i cattolici è la visita dei Magi, nel credo ortodosso corrisponde al battesimo di Gesù che nel rito bizantino viene tradotto con la benedizione dell’acqua. Gli albanesi cattolici chiamano il 6 Gennaio la « festa dell’acqua benedetta ». O ancora, in Albania è molto sentita la celebrazione della Madonna del Buonconsiglio per la quale si compie un lungo pellegrinaggio tutti insieme: cattolici, ortodossi e musulmani, verso un santuario di Scutari a lei dedicato. E lo stesso avviene in Italia si va dalla Madonna del Buonconsiglio che si trova a Genazzano, poco fuori Roma. La religiosità di questo popolo sta, in un certo senso, nella loro «albanesità».Elena Risi(16 febbraio 2012)