“Quando mi recai a Sohag per imparare il Tahtib, danza con il bastone risalente all’Antico Egitto, la prima cosa che il maestro mi disse fu “non c’è mai da colpire”, come nella scherma si doveva sfiorare appena l’avversario. Durante l’ultima lezione però mi diede un gran colpo in testa. Scioccato gli ricordai la prima regola. Mi rispose “E’ vero non c’è da colpire… ma in futuro diventerai molto famoso, grazie a questo colpo ricorderai chi è stato il tuo maestro”. Il bernoccolo ha avuto effetto. A ottandue anni e quattro giorni Mahmoud Reda ricorda perfettamente il suo maestro di Thatib e ne parla all’Accademia d’Egitto che il 22 marzo ha dedicato a lui e a Farida Fahmy, sua patner di ballo e di scena, una sera in cui la danza ha fatto da padrona.
La danza della gente Mahmoud e Farida sono il Fred Astaire e la Ginger Rogers dell’Egitto. Ma Mahomoud Reza ha accostato al ballo una costante ricerca sulla danza popolare egiziana. “Il trucco era andare nei paesi interni, pagare qualche musicista del luogo chiedendo di suonare all’aperto tra le case e i campi. Il risultato di otteneva sempre: pian piano la gente cominciava a danzare e a quel punto registravamo tutto”. Di questi momenti faceva tesoro da riproporre e reinterpretare. Scoprì che il segreto delle danze è il non avere schemi nel produrla. Spesso chiedeva ai bambini: “danza nel modo in cui tua madre balla quando è a casa”. E loro gli consegnavano la spontaneità e unicità della danza lontana da occhi indiscreti. “Anche i maschietti acquisivano quella sinuosità che si pensa sia prerogativa femminile. Così quella richiesta divenne la prima da fare ad ogni nuovo allievo.”
I tessuti del popolo Farisa Fahmy con i suoi bellissimi settandue anni rappresenta un modello al quale molte ballerine tutt’oggi si ispirano. “Non mi sembra vero, la guardo sempre su youtube” esclama Cosimo appena la vede entrare in sala. Fuorisede campano studia arabo all’università e , come molti altri, si è recato all’Accademia per conoscere dal vivo frammenti di un Egitto che assapora attraverso lo studio e il web. Farida e Mahomoud hanno in comune la passione per danza, i numerosi film e spettacoli che hanno fatto insieme, e l’amore per la ricerca. Campo di indagine privilegiato di Farida è stato il costume, diventando nel tempo disegnatrice di abiti da ballo. “Mia sorella era stilista e mia madre sarta. I costumi erano belli ma scomodi, c’era sempre qualcosa che ostacolava qualche movimento. Così ho cominciato a disegnare pensando sia al senso estetico sia ai movimenti della danza”. I colori vivaci che contraddistinguevano gli abiti disegnati da Farida erano i colori che gli eziani indossavano quotidianamente come racconta Farida stessa. “Andavamo nei mercati delle zone popolari. Ricordo quanto dopo ogni lavaggio i colori diventassero sempre più intensi. Era cotone prezioso che oggi non si trova più. In ogni caso il merito va alle sarte, non è difficile disegnarli ma realizzarli”.
Il primo spettacolo da professionista Mahmoud Reza lo fece proprio a Roma e, felice di tornare a fine carriera, omaggia l’Italia dicendo “dato che non conosco l’italiano, lingua dell’amore della musica e del teatro, non posso che parlare in arabo lingua dell’amore e della felicità. Qualcuno tradurrà in inglese per far capire a tutti”. Saad Ismail, noto coreografo e maestro di danza a Roma, si offre subito come volontario: “E’ proprio guardando un suo film che ho deciso di diventare ballerino. Volevo essere come lei. La seguì ovunque; andavo ad ogni spettacolo o anteprima cinematografica e aspettavo che uscisse dal retro o dai camerini per stringerle la mano. Quindi maestro qui davanti a tutti le chiedo di risarcirmi tutti i soldi che ho speso per seguirla”. Ride un quarto di sala compreso Cosimo, gli altri rideranno poco dopo, il tempo necessario per la traduzione dalla lingua della amore e della felicità alla lingua dell’amore della musica e del teatro.
M. Daniela Basile(29 marzo 2012)