Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’anno scolastico 2010/2011 gli alunni con cittadinanza non italiana presenti sul territorio nazionale erano circa 700.000, l’8% del totale degli studenti. Nel Municipio II di Roma risiedono circa 1.000 bambini stranieri in età scolare, dai 6 ai 15 anni, registrati presso l’anagrafe del Comune. Bambini che hanno alle spalle vissuti e storie molto diversi. Alcuni sono nati o cresciuti qui in famiglie dove si parla italiano e non hanno problemi quando iniziano ad andare a scuola. Altri invece devono affrontare percorsi faticosi, in cui le difficoltà linguistiche ostacolano la riuscita scolastica.Cinese o italiano? Lin ha 10 anni e da 2 è seguita da una volontaria Piuculture. Ha iniziato la scuola in Italia, poi si è trasferita per qualche anno in Cina dai nonni. L’anno scorso è tornata qui dai genitori ed è stata iscritta in quarta elementare. Quando la volontaria che la segue le insegna una parola, lei vuole scriverla in 4 grafie diverse. “La maestra mi ha insegnato così” dice. Ma Lin vede le parole come fossero ideogrammi, non associa le lettere ai suoni, non riesce a leggere questo alfabeto così diverso e a pronunciare lettere per lei così estranee, come la “t” e la “r”. Segue le spiegazioni per un certo tempo, poi all’improvviso ricomincia a sbagliare, come se non avesse imparato nulla. Viene vista da uno psicologo, che le diagnostica delle difficoltà di apprendimento. Le insegnanti che la seguono però pensano si tratti soltanto di una grande confusione, accresciuta dal fatto che la bimba segue anche un corso di cinese, 4 volte a settimana. I genitori però tengono molto alla cultura di origine. Secondo il papà è la bimba a non studiare abbastanza: “Dice che mia sorella è più brava di me” racconta Lin. La sorellina è più piccola ed ha iniziato la scuola qui, incontrando minori difficoltà. Si fa chiamare con il nome italiano, Flavia, Lin invece vuole restare soltanto Lin. Questa bimba solare e allegra, che ha conquistato l’affetto delle compagne di classe, molto protettive con lei, il prossimo anno andrà probabilmente in prima media sapendo leggere appena. E sarà seguita da un insegnante di sostegno.Un piccolo campione. Simone ha 12 anni, è nato in Italia da genitori cingalesi. Terminata la prima elementare è andato a vivere in Sri Lanka, da una zia. Da un anno è tornato in Italia ed è stato inserito in quinta elementare. È un bimbo intelligente e spiritoso: “Ho fatto tanti giri, ma ho ricordato in fretta l’italiano”. Non ha difficoltà di espressione e trascorrerebbe ore a chiacchierare, soprattutto del suo argomento preferito: il calcio. Non ha però nozioni di grammatica, avendo frequentato le classi intermedie in Sri Lanka. È un bimbo sveglio e con l’aiuto delle volontarie Piuculture sta imparando velocemente, ma fa ancora confusione perché si trova ad imparare in un breve arco di tempo quello che gli altri bambini apprendono nel corso di anni. I genitori lo incoraggiano a studiare, sono grati alle volontarie per l’aiuto che stanno dando a Simone e anche la mamma si è iscritta ad un corso di lingua promosso dall’associazione. Simone il suo futuro lo vede qui e anche se ogni giorno deve spostarsi dal paesino in cui vive per venire a scuola è contento lo stesso, perché da lui “Ci sono i campi e i cavalli”, i cuginetti con cui giocare e, soprattutto “Posso stare con la mia mamma e il mio papà”.Se l’integrazione non arriva. Shu è arrivata in Italia dalla Cina all’età di 14 anni ed è stata inserita in prima media. Oggi di anni ne ha 16 e frequenta la terza. È una ragazza simpatica e gentile, ma a scuola non è riuscita a farsi degli amici. “Le ragazze con me non sono carine”. I ragazzi invece, affascinati dalla sua bellezza, tendono a corteggiarla e questo la infastidisce. Durante gli incontri con le volontarie Piuculture non mostra particolare interesse e il suo lessico è ristretto alle poche frasi che consentono di cavarsela nella vita quotidiana. Il fratellino più piccolo invece, nato qui, pur conoscendo il cinese parla benissimo l’italiano. Shu trascorre le lezioni giocando con il telefonino e inviando SMS agli amici cinesi. Quando può preferisce restare nel negozio dei genitori e dice che a scuola non vuole andare più.Un osservatorio per promuovere interventi sinergici. Dal rapporto del Miur emerge che l’incidenza del ritardo scolastico tra gli alunni non italiani è 4 volte maggiore rispetto agli alunni italiani. I dati parlano chiaro: sono il 18% nella scuola primaria, il 48% nella scuola secondaria di primo grado e il 70% nella scuola secondaria di secondo grado. “Il dato positivo è che i bimbi che non conoscono l’italiano non sono moltissimi” afferma Paola Piva, presidente dell’associazione Piuculture “La situazione richiede interventi consistenti, continuativi e mirati che coinvolgano tutte le forze in campo: la famiglia, il volontariato, la scuola. Per questo la nostra associazione, partendo dall’esperienza dei corsi promossi nelle scuole, intende realizzare un osservatorio permanente sugli alunni non italiani presenti del territorio del Municipio II”. L’obiettivo è la raccolta di dati non solo quantitativi, ma anche qualitativi: “È fondamentale distinguere tra i diversi livelli di conoscenza della lingua, identificare le esigenze legate a ciascun caso, individuare i fattori di successo in famiglia e a scuola”.
Sandra Fratticci(10 maggio 2012)