Nella splendida cornice dell “Atletico 2000”, storico club del calcio romano, Camerun e Colombia dimostrano di essere all’altezza del numeroso pubblico accorso sugli spalti e danno vita ad una partita d’ altri tempi: niente miliardi, nessuno stipendio, solo cuore ed orgoglio. Giusto per ricordare che il calcio non è altro che un pallone, ventidue giocatori , quarantaquattro scarpini e tanta voglia di divertirsi. Il torneo è appena iniziato ma, dal punto di vista morale, il Mundialido ha già vinto la sua partita.L’ ATTESA del fischio d’ inizio è fremente. Gli spalti gremiti pullulano di spettatori intenti a fare pronostici su quello che viene definito il “big- match “ della giornata. Una signora nota che dietro le panchine sono issate le bandiere di tutte le nazionalità presenti al torneo e si guadagna l’ applauso spontaneo dell’ intera tribuna per aver sottolineato che “ la bandiera colombiana e quella camerunense sono state messe vicine. Diamo un senso a questo segno e facciamo che oggi sia una festa!”. Il suo invito non viene però colto da un cagnolino ultra’ che, vestito con i colori colombiani, getta il panico tra le fila avversarie abbaiando e rincorrendo i giocatori camerunensi durante l’ allenamento pre-partita. Alla fine la sua padrona lo seduce con un osso finto. L’incontro può iniziare.IL MATCH Oltre all’encomiabile correttezza sportiva, le formazioni mostrano ottime doti tecnico-fisiche che impreziosiscono una partita in cui è successo di tutto: 3 gol fatti, 2 annullati, un rigore parato ed innumerevoli occasioni per segnare. La prima rete arriva al 35’ quando Keita, capitano del Camerun, supera con un beffardo pallonetto l’ incolpevole portiere avversario. La partita viene messa in ghiaccio al 58’ con Homba: la seconda punta camerunense si invola da solo verso la porta avversaria e, con un tiro da biliardo, piazza il pallone a fin di palo. Niente da dire, imparabile. A nulla serve, se non per la gloria personale, il gol di Benitez Ruiz, bomber della Colombia che all’ 80’, dalla lunga distanza, sorprende la retroguardia africana e realizza un gol di pregevole fattura. Alla fine, infatti, è il Camerun a portare a casa altri tre punti preziosi grazie ai quali resta imbattuto nel girone H e consolida il primato solitario in classifica.VITTORIA ? Alla fine la soddisfazione camerunense è grande. Anche gli avversari riconoscono, con un insolito accento romano, la superiorità della squadra africana : “ Pe’ fermà questi serve un motorino. E forse neanche basta!”. Nessuno mette in discussione la bravura calcistica ma qualche voce fuori dal coro tuoneggia “ Prima di essere calciatori bisogna essere uomini. I camerunensi non hanno fatto altro che imprecare, inveire contro l’arbitro, ed insultare gli avversari per tutti i 90’. Palleggiassero di meno e rispettassero di più!”. Questo porta ad una discussione vivace ma non furiosa, accesa ma non infuocata. Ognuno espone la propria idea e tutti sono ben disposti ad ascoltarla. Gli insulti iniziali, pian piano, si fanno più timidi e lasciano spazio ad una sincera comprensione.Perché il Mundialido insegna questo. L’incontro tra diversi paesi e differenti culture porta con se il rischio di prendere la via più semplice, quella della divergenza fine a se stessa. Ma il calcio, da vettore unificante, impone a tutti il percorso più tortuoso ma anche il più edificante. Una strada chiamata integrazione. Alessandro Ferretti (9 GIUGNO 2012)