“Una parola di condanna verso tutte quelle rappresentazioni volgari e offensive nei confronti di ciò che noi musulmani amiamo”. Questo hanno chiesto all’ambasciatore americano di Roma David Thorne, i manifestanti riuniti a Roma venerdì 21 settembre 2012 in piazza della Repubblica. Promotrice dell’evento l’associazione di matrice islamica Dhuumcatu che nata nel 1992 conta più di ottomila iscritti, in particolare bengalesi, indiani e pakistani. Non è comunque mancata la presenza di nord africani, italiani convertiti, sud africani quali eritrei e senegalesi, e qualche natio dei paesi mediorentali.
Il video Innocence of muslims e le recenti vignette satiriche pubblicate il 19 settembre nel settimanale Charlie Hebdo, già noto per le sue illustrazioni provocatrici, sono l’oggetto di protesta che ha portato uomini e donne di religione islamica a scendere in piazza. La manifestazione s’inserisce all’interno di un mese di fuoco per la comunità musulmana mondiale. Prodotto in America, il video è stato pubblicato sul web all’inizio di luglio e ha trovato diffusione nei paesi di religione islamica a fine agosto. Dall’11 settembre 2012 si sono innescate una serie di risposte violente in tutto il mondo mediorientale.
La rabbia dei fedeli si è scagliata sulle Ambasciate americane, tedesche e britanniche. India, Pakistan, Libia, Sudan, sono stati spettatori degli eventi di maggior eco internazionale. Tra questi: l’assassinio dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Chris Stevens e la taglia di centomila dollari a chi uccide il regista proposta dal ministro delle ferrovie del Pakistan, Ghulam Ahmad Bilour. “Il cuore di questa manifestazione è la condanna di ogni forma di estremismo, interno ed esterno alla comunità islamica.
L’estremismo è un’attitudine mentale e psicologica, non è legato a una comunità o partito politico o ancora credo religioso. E il video Innocence of muslims ne è espressione,” spiega Sabrina Lei, editrice e membro della Confederazione islamica italiana, durante il suo intervento alla manifestazione. “Il diritto di diffamazione e di diffusione, sotto il falso status di satira, non coincide e non può coincidere con la libertà di espressione. Se esistesse tale convergenza, credo che il vero spirito della democrazia sarebbe in pericolo.”
Innocence of muslims è un video di quindici minuti circa che viaggia nel web. Con uno stile da satira televisiva, colmo di sbavature tecnico-artistiche, il breve frammento racconta episodi della vita di Maometto e lo dipinge in maniera offensiva, descrivendolo pedofilo e definendo i suoi seguaci asini violenti. Le sgradevoli imperfezioni tecniche fanno pensare a un team di lavoro e a un budget di basso livello ma potrebbero essere una strategia per calcare il senso grottesco della narrazione. Questi quindici minuti sono il pomo della discordia che infiamma la rabbia del mondo musulmano verso quello occidentale di matrice cristiana.
“Chiunque metta un film del genere su Youtube vuol vedere scorrere il sangue. Ed è proprio sangue quello che sta scorrendo in questi giorni”. Scrive il giornalista Issandr el Amrani sul Der Spiegel. “E’ facile usare la blasfemia per offendere persone poco istruite”, e con internet è diventato molto semplice. Lo sa bene il regista del video Sam Bacile, cristiano copto originario dell’Egitto la cui vera identità è Nakoula Basseley Nakoula come ha scoperto la polizia investigativa americana.
“Nell’Islam la violenza non è contemplata,” sottolinea Nizar Ramadan, editore e giornalista di origini italo-libanesi. “Appena ho saputo della manifestazione, mi sono sentito in obbligo di passare e sono contento di vedere i miei fratelli bengalesi, africani e arabi in questo clima caro ad Allah, pace e benedizione su di lui”.
“E’ con la pacatezza che si deve reagire contro l’ignoranza e non con la veemenza, così come ci hanno insegnato tutti i profeti in generale, ed il profeta Muhammad in particolare. La determinazione è certo ciò che contraddistingue i credenti, ma nel comportamento si distinguono la fede e la conoscenza dall’ignoranza e dalla fede cieca” sottolinea Ibrahim, italiano convertito all’Islam da molti anni, durante il suo intervento. “I principi dell’Islam coincidono con quelli enunciati dalle Nazioni Unite relativamente ai diritti umani. Questi diritti devono essere difesi attraverso le leggi e le regole di una matura convivenza civile e non attraverso scontri tra religioni”.
“In questa piazza vogliamo diffondere un messaggio di pace e di convivenza, ma anche di invito al rispetto reciproco. I nostri figli sono nati in Italia. Noi viviamo e lavoriamo in questo paese da tanti anni. Però, la responsabilità di far conoscere che cosa sia l’Islam, chi siano i Profeti e quale sia il messaggio portato dal Profeta Muhammad, pace e benedizione su di lui, è un dovere che si fa sempre più impellente” afferma Abdel Hamid, Imam della Moschea di Tuscolana.
Due gli obiettivi, quindi, di questo evento: che un personaggio pubblico dichiari la sua riprovazione e poter protestare pacificamente dando visibilità a una parte d’Islam che viene offuscata da quella che della violenza fisica fa il suo linguaggio.
La manifestazione si è svolta nel modo più silenzioso che potesse esserci. Una riunione all’aperto e non un corteo che ha sfilato per la città, tipologia usuale a Roma che attraversando il centro della città permette maggiore visibilità con conseguente irritazione degli automobilisti bloccati nel traffico. Le donne e i bambini, di assai minor numero, si sono seduti sul lato destro della piazza, distanti dagli uomini che allineati hanno concluso l’incontro con una preghiera.
Nessuno degli intervistati ha visto il video. Dicono di fidarsi di ciò che amici o media hanno detto. “Non l’ho visto e non lo voglio vedere. Ovunque affermano che è dissacrante. Questo mi basta,” dichiara Modu Iall trentenne senegalese in Italia da una decina d’anni. Lovely quarantenne bengalese si copre con le mani le tempie e scuote il capo protetto dal velo di vivo arancio; anche lei non lo ha visto e non lo vuole vedere.
“Saremmo scesi in piazza anche per protestare contro la blasfemia rivolta ad altre figure importanti come Gesù Cristo o la Madonna dei cristiani. Il nostro rispetto religioso è totale,” sottolinea Omar quarantenne eritreo mentre consegna agli italiani presenti un piccolo libretto che spiega le basi della religione islamica e racconta la vita del Profeta. “Vivo bene in Italia e non mi sento discriminata. Ma ovunque dissacrino il nostro Profeta, mio dovere è difenderlo, anche se l’attacco avviene in un altro paese,” sorride Dipa donna bengalese in attesa del suo terzo figlio.
“Sono cresciuta nella periferia romana e sono stata bersaglio di scherno e pregiudizio. In classe seguivo l’ora di religione, si parlava solo del cristianesimo, poi tornata a casa chiedevo chiarimenti a mia madre. I miei coetanei italiani non sanno cosa sia l’Islam,” dichiara Romana Ahmid ventiduenne bengalese, membro della sezione stranieri nati in Italia dell’associazione Duhmcatuu.
“Anche la raffigurazione fisica di Allah e dei profeti è inammissibile per noi”. Ci sono tradizioni calligrafiche di alto valore artistico, nel tempo affinate, per la raffigurazione del profeta come l’Hilye-i Şeriƒ, spiega Abramo che all’avvicinarsi di giornalisti si volge pronunciando “no foto” e che preferisce non dire il suo cognome e la sua provenienza.
Conclusi gli interventi, cinque rappresentanti hanno consegnato una lettera all’ambasciatore degli Stati Uniti David Thorne. “Ha espresso il suo rammarico e sottolineato come si stia muovendo per la rimozione del video dai canali web” racconta Sabrina Lei che insieme a Ibrahim, italiano convertito e oggi imam, Abdul Ahmid e Mizanur Rahman, imam dei quartieri romani Tuscolana e Torpignattara, e la giovane Romana Ahmid, rappresentate della seconda generazione, hanno composto la delegazione accolta in Ambasciata.
“Dobbiamo ricordare, soprattutto in questi momenti, che nel Corano è scritto come i veri credenti sappiano trasformare il male in bene. Questa è la ragione per la quale dovremmo provare a trasformare questo triste episodio in un’occasione per accrescere lo spirito fraterno e l’unione, guardando a un futuro luminoso per la comunità musulmana.” Una comunità che in Italia cresce e che gli italiani ancora non conoscono.
In queste settimane il Ministro dell’istruzione Francesco Profumo sta portando avanti un percorso di emancipazione dell’ora di religione, nelle scuole medie e superiori, dalla religione cristiana. Tale percorso potrebbe portare all’introduzione della Storia delle religioni nei programmi scolastici. E’ un segnale accolto con sollievo da chi crede che la conoscenza reciproca decostruisca i pregiudizi e alimenti il rispetto reciproco.
M. Daniela Basile(7 ottobre 2012)