Bakthay è una bambina afghana di 6 anni con una frangetta liscia e nera che spunta dal telo giallo acido che le avvolge il capo e che contrasta con il verde scuro dell’abito tradizionale. Vive con la mamma e la sorellina nelle grotte che circondano le nicchie che contenevano il grande Buddha fatto esplodere dai talebani, nella regione montuosa del Bamian, come ricordano le immagini di repertorio in apertura e chiusura di “Buddha Collapsed out of Shame”. Il bel film di Hana Makhmalbaf, figlia minore del celebre regista iraniano Moshen Makhmalbaf, è stato presentato martedì 15 gennaio a lla Casa del Cinema su iniziativa del Film Festival Senza Frontiere – Without Borders e della Commissione delle Elette del Comune di Roma.
Bakthay è grande amica di Assan che va a scuola e legge ad alta voce storie che incantano la piccola. I due sono amici a tal punto che la mamma del ragazzino lega il figlio per un piede per impedirgli di andare a giocare con Bakthay. Lo stesso espediente userà la piccola per lasciare la sorellina, che gli è stata affidata dalla mamma, e trovare con ogni mezzo 20 rupie per comprare un quaderno e una matita per poter andare a scuola e “imparare le belle favole”.
Seguiamo la bambina nel temerario e cocciuto peregrinare per raggiungere il suo obiettivo.
Il mondo dove si muove la ignora, addirittura le è ostile, lo sono sopratutto i ragazzini, maschi, che inscenano feroci, inquietanti giochi di guerra imitando il mondo degli adulti. Alla ricerca delle favole, Bakthay vive in una fiaba dura e poetica al tempo stesso. La crudeltà dei bambini ricorda illustri precedenti a partire da “Il signore delle mosche” di William Golding da cui Peter Brook e più di recente Harry Hook hanno tatto gli omonimi film. Rifiutata dal sistema scolastico dove cerca di introdursi superando le regole, e dalle compagne che prova a conquistare truccandole con il rossetto della mamma, vietatissimo, che si era portata come matita, non le resterà che seguire il consiglio di Abbas che le grida di stare al gioco: “muori e sarai libera”.
Il pubblico ha amato la proiezione voluta per testimoniare come “il diritto allo studio è il primo diritto di libertà per tutti, ma sopratutto per le ragazze” hanno dichiarato concordi le organizzatrici e le ospiti intervenute: Monica Cirinnà che presiede la Commissione delle Elette, Soraya Malek nipote dell’illuminato re d’Afghanistan(1919-29) Amanullah, la giovane iraniana Parisa Nazari dell’Associazione “Donne per la dignità” Parisa Nazari: “iraniani e afghani parliamo entrambi il Dari ma l’accesso al diritto allo studio per le donne, nei due paesi, è molto diverso, “In Iran tutte le famiglie si pongono come obiettivo imprescindibile che i figli e le figlie vadano all’università, è un diritto sancito dalla Costituzione, ma nell’ultimo concorso per accedere agli studi superiori, per la prima volta, è aumentato di molto il numero delle facoltà precluse alle donne 36, per complessivi 77 corsi di studio”. Una borsa di studio di cinquemila euro è stata consegnata all’Ambasciatrice del Pakistan Tehmina Janjua perchè lo faccia pervenire a Malala studentessa, colpita dai talebani , mentre tornava da scuola perchè autrice di un blog contro le loro azioni. Il monito dell’iniziativa:“Tutte a scuola” vuole essere far capire che da Roma, a Kabul, passando per Teheran “Solo se studi potrai essere veramente libera” come ha notato Francesca Barzini del TG3.
Nicoletta del Pesco
(16 gennaio 2013)