In meno di dieci anni sono stati spesi in Italia oltre 1,6 miliardi di euro, nella quasi totalità a carico dello Stato tolti 283 milioni di provenienza Ue, con lo scopo di contrastare l’immigrazione irregolare verso il nostro paese. E i risultati non sono stati quelli sperati, le persone prive di permesso continuano ad essere centinaia di migliaia, anche se le cifre esatte sono impossibili da calcolare. “Le politiche repressive non hanno funzionato, in più è mancata la trasparenza nel fornire rendiconti dettagliati sull’impiego di ingenti somme”, commenta Grazia Naletto, presidente di Lunaria – associazione di promozione sociale nata nel 1992 e vicina alle problematiche dei migranti – nel presentare il primo rapporto “Costi disumani. La spesa pubblica per il contrasto dell’immigrazione irregolare” il 30 maggio a Palazzo Marini della Camera dei Deputati.
Capitolo Cie Una delle più discutibili voci di spesa riguarda i Cie – Centri di identificazione ed espulsione – precedentemente Cpt, Centri di permanenza temporanea, frutto della legge Turco-Napolitano del 1998. Tra il 2005 ed il 2011 sono costati oltre il miliardo, per una media di quasi 144 milioni di euro l’anno, con il picco di 250 milioni nel 2010. Tutto questo per rimpatriare meno del 50% dei segnalati, in cifre 78 mila su 169 mila. E nella corsa al ribasso degli oneri finanziari, gli assegnatari dei bandi emanati dal ministero degli Interni non sono riusciti a mantenere dei livelli accettabili di vivibilità. Tanto che il tribunale di Crotone nel dicembre scorso ha assolto dei detenuti imputati di aver iniziato una rivolta nel Cie di Capo Rizzuto perché considerata legittima difesa contro condizioni di vita precarie.
“Oltre ai costi parliamo di lesioni della dignità umana in violazione all’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”, aggiunge Loredana De Leo dell’Asgi – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. Il trattenimento deve essere convalidato dal giudice di pace, “cui non è richiesta una preparazione di diritto internazionale”.
L’alternativa del rimpatrio volontario assistito “Bisognerebbe sostenere maggiormente i rimpatri volontari assistiti”, l’idea di Filippo Miraglia dell’Arci – Associazione Ricreativa e Culturale Italiana. “Funzionano, garantiscono un sostegno al reinserimento e non vietano il ritorno in Italia con eventuali flussi futuri”. Dal punto di vista economico sarebbe un bel risparmio, “in più cercano la collaborazione con le persone in modo civile”. Anche sulla questione dei visti, “c’è la necessità di modifiche, almeno per i paesi di principale provenienza, come accaduto con l’Albania (esente dal visto per brevi soggiorni, ndr). Diminuirebbe anche la criminalità legata ai percorsi migratori”.
Auspici del rapporto A concludere il rapporto, una serie di auspici per delle politiche future sostenibili e funzionali ad uno sviluppo che interessi e coinvolga l’intero tessuto sociale. Prima di tutto nella ripresa di “monitoraggi, valutazioni, interrogazioni parlamentari, che mancano dal 2007”, prosegue la Naletto, che poi lancia la proposta di un ampliamento degli ingressi attraverso i flussi accordati fra Stati e regolarizzazioni personalizzate che superino la mentalità emergenziale delle sanatorie, arrivando inoltre ad una disciplina organica del diritto d’asilo – previsto dall’articolo 10 della Costituzione.
Gabriele Santoro(31 maggio 2013)
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