Solo 50 % delle donne denunciano la violenza. Allo Sportello donna allestito al Pronto Soccorso dell’ospedale San Camillo si presentano ogni anno 700 donne con dei segni di violenza, ma non sono pronte a denunciare. “Qui non parliamo quasi mai delle violenze occasionali, ma di una serie di violenze protratte nel tempo. Se una signora viene oggi aggredita, ha 3 mesi per fare denuncia, per uno stupro molto di più, noi non mettiamo fretta, la denuncia deve essere fatta in maniera molto convinta. Perché in tanti casi si mette in moto una macchina, segue un procedimento penale o civile. Se la donna non è pronta, la prima volta che il marito le porta le rose, ritira la denuncia”, racconta Oria Gargano, presidente di Be free, cooperativa sociale contro tratta, violenze e discriminazioni che gestisce lo Sportello donna.
La violenza è trasversale. La maggior parte delle vittime soffrono di autocolpevolezza: pensano che questa storia di violenza succeda solo a loro, che se la sono cercata, che sono stupide, che non hanno saputo scegliere, non riescono a capire che è un fenomeno sociale. “Sono stata per 10 anni responsabile di un centro contro la violenza e vi assicuro che ne ho viste migliaia di donne maltrattate sia italiane che straniere, giovani e non, coltissime e meno colte, povere e ricche. Noi donne, purtroppo, siamo fatte per perdonare, per subire, fare l’olocausto di noi stesse. Poi se la donna vittima cerca aiuto dalla mamma, spesso la risposta è: “sai quanto ho dovuto subire io da tuo padre per poter crescere voi?” oppure: “io t’avevo detto che non mi piaceva e di non sposarlo, l’hai voluto, te lo tieni”. Per esempio, nei paesi come la Finlandia e la Svezia il livello della violenza e molto più basso rispetto all’Italia, perché le donne si fanno rispettare di più.
Gli indicatori della violenza: il personale medico ha imparato a riconoscerli, nessuno crede che possano “essere cadute nel bagno”. Sono segnali: la presenza del partner molto affettuoso, premuroso, la sua reticenza a dire delle cose o al contrario, un’enfasi affettiva verso la compagna. Spesso un indizio è la confusione della donna, la vergogna, la fretta che mettono: “si sbrighi, devo tornare a casa perché se mio marito torna e non mi trova, si arrabbia”. Altre frasi che mostrano l’incertezza della moglie, la difficoltà di prendere un altro appuntamento, di gestire il proprio tempo. I medici riconoscono i sintomi del corpo: dei segni sul collo, la forma di un’ecchimosi sotto l’occhio e altri sintomi specifici della violenza sessuale.
Le vittime. In generale, la percentuale più alta delle vittime della violenza è dovuta agli italiani 60% rispetto agli stranieri 40%. “Tanti migranti non si rivolgono al nostro servizio perché hanno paura di essere denunciati se non sono in regola e di essere espulsi. Le donne immigrate con marito o compagno italiano hanno più difficoltà ad emergere, perché un’italiana ha una rete amicale e parentale che la straniera non ha. Per esempio, al Centro per l’espulsione di Ponte Galeria ci sono tante straniere sposate con gli italiani che non hanno il permesso di soggiorno, il marito prende tempo per renderle più vulnerabili, più sottomesse”.
Il corso, come aiutare le donne. E’ un dato di fatto che il maltrattamento succede sempre, seguito spesso dalle false lune di miele. “Le vittime non vanno criminalizzate perché subiscono, non bisogna sostituirsi a loro, alla loro cultura, oppure obbligarle a denunciare, dire che lui è un uomo cattivo. Non dimentichiamo che hanno scelto quel uomo con tutto il diritto di farlo. Devi ascoltarle, dare fiducia e rinforzarle nell’autostima che purtroppo più delle volte è massacrata”, questi sono solo alcuni dei consigli dati dai docenti del corso organizzato dalla Be free all’ospedale San Camillo. “E’ un corso fondamentale dove partecipano gli operatori del San Camillo e quelli del servizi territoriali, dei consultori e medici di medicina generale, ma anche avvocati, giuristi e psicologi, che dura un anno ma bisognerà rifare in futuro per garantire gli strumenti di informazione e di consapevolezza per poter aiutare e assistere le donne che subiscono la violenza” dice Maura Cossutta, docente del corso.
Lo sportello donna, un esperimento unico in Europa, nasce nel 2009 all’interno del Pronto Soccorso. Ha due porte per accedere: una dalla sala d’attesa e una dalla sala di primo soccorso e smistamento, dove non possono essere accompagnate dai compagni che controllano e dove il personale medico parla dello sportello donna. “Quando è scaduta la convenzione con l’ospedale, siamo rimasti qui per un anno senza soldi, non potevamo lasciare le donne senza alcun sostegno, adesso è stata rinnovata. Le operatrici sono della cooperativa Be free: psicologi, sociologi, operatrici sociali, educatrici professionali, legali che offrono consulenza gratuita”, conclude Oria Gargano. “Si potrebbe fare un piano nazionale antiviolenza serio. Noi non riteniamo la denuncia indispensabile per iniziare un percorso, siamo aperti 24 ore al giorno e abbiamo la possibilità di vedere se i mariti portano le mogli in diversi ospedali con le stesse patologie. Questo succede anche con i bambini abusati. Importante che le donne sappiano dove rivolgersi”.
Raisa Ambros(09 maggio 2013)
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