“Le persone che prendono una valigia e partono, abbandonando i figli e la famiglia a casa, compiono un’operazione dolorosa. Gli italiani percepiscono lo straniero come un elemento negativo, minaccioso, che distrugge la società, lo paragonano ad un organo che va allontanato dal corpo. E’ un pregiudizio che viene dalla non conoscenza e dalla paura di condividere quel poco che si ha con gli altri. I migranti fanno i lavori che gli italiani o gli svizzeri non vogliono più: in questo modo sono una risorsa per il paese”.
A parlare è Daniela Crasnaru, poetessa, scrittrice e nuova direttrice dei programmi culturali dell’Accademia di Romania in Roma, dove si è conclusa da poco l’ultima edizione della mostra Spazi aperti.
La direttrice considera un buon esempio d’integrazione l’evento, che lei stessa ha ideato nello scorso mandato, durato dal 2001 al 2009, ma ritiene che i giovani artisti dovrebbero imparare di più a prendere esempio: „La presenza degli ospiti speciali non dovrebbe opprimere, ma trasmettere l’idea che è possibile superarli, indipendentemente dalla loro altezza”.
Ogni evento culturale è un’altra goccia nell’oceano per rinnovare l’immagine dei romeni in Italia: tutti i lavori dimostrano che i rumeni sono un popolo creativo e di talento. Gli ospiti dell’Accademia di Romania sono rimasti sorpresi della grande biblioteca all’interno, una ricchezza di cui potrebbe usufruire la comunità romena di Roma.
Daniela Crasnaru ricorda le difficoltà incontrate tra il 2001 e il 2009: „In quel periodo si verificò il caso di stupro e omicidio Mailat, al quale si sommavano le influenze elettorali del paese d’origine. I mass-media parlavano malissimo dei rumeni. Era impossibile con le nostre mostre e i concerti migliorare l’immagine che veniva trasmessa di noi, ma abbiamo continuato con tanta tenacia e fiducia”.
Ora tutto è cambiato: „Non sentiamo più la pressione di un’impronta negativa. Non capisco perché si parla sempre generalizzando: l’aggressore era dell’est Europa. Un criminale è un criminale, non conta da dove arrivi”.
La condizione del popolo rumeno è raccontata da Crasnau in „Bariera de dincolo de zid”, il suo ultimo libro, presentato un mese fa a Bucarest. Un testo che insegna a sconfiggere le barriere, iniziato prima della caduta del comunismo in Romania, abbandonato, poi ripreso in Italia, dove la scrittrice si è sposata e ha iniziato una nuova vita. E’ il suo terzo romanzo: “Dopo una certa età ho sentito che non penso e non sento più in versi. La prima parte del libro è nata nel corso degli eventi che hanno preceduto la rivoluzione e racconta le vicende di personaggi reali, ora la gente non vuole più ricordare quel periodo. Dal 2010 ho deciso di continuare il destino dei personaggi, aggiungendo al libro un capitolo-esperimento chiamato “Una parola in mezzo”.
La scrittrice si chiede spesso che cosa s’intenda oggi per “essere a casa”: quando si è lontani dalle origini o quando si torna nei luoghi dell’infanzia? “Per gli europei ancora esiste la parola a casa. Nel momento in cui inizi a girare il mondo e in ogni stanza in cui ti fermi poggi la valigia su un armadio, cosciente che cambierai posto, provi un sentimento di libertà ma anche di perdita delle radici”.
E’ un romanzo nostalgico „Bariera de dincolo de zid” che riflette lo stato emozionale dei rumeni: un popolo con la valigia accanto sempre pronto a partire. Presto sarà tradotto in italiano da Bruno Mazzoni.
Daniela Crasnaru non ha preso la cittadinanza italiana per orgoglio nazionale. Ha ricevuto numerosi premi al livello internazionale e i suoi libri sono tradotti in diverse lingue.
Raisa Ambros
(11 luglio 2013)
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