„A Lampedusa possiamo aprire un centro di prima accoglienza europeo, con un sistema di reinserimento delle persone in altri paesi dell’Europa, per sottrarre loro al mondo della criminalità e della tratta”, questa è stata l’idea di Daniela Pompei della Comunità di Sant’Egidio nella conferenza che invita religioni e culture al dialogo di lunedì, 30 settembre, dove ha proposto una cooperazione internazionale per aiutare di più i paesi poveri. Più solidarietà e compassione per pensare a un nuovo metodo per accogliere i profughi.
Il coraggio della speranza, l’incontro Internazionale per la Pace, organizzato dalla Comunità Sant’Egidio a Roma il 29 settembre -1 ottobre, ha ospitato al panel 10 il dibattito Migrazioni: accoglienza e integrazione, che si è aperto con un minuto di silenzio per ricordare i 13 morti dello sbarco di Scicli, e le migliaia di persone morte in questi anni nel tentativo di raggiungere l’Europa. L’incontro è stato presieduto da Joan Enric Vives I Sicilia, Vescovo cattolico e Co-Principe d’Andorra, che ha dato il via all’evento con una preghiera per i migranti. In tutti gli interventi è stato nominato Papa Francesco, apprezzato specialmente per la sua visita a Lampedusa: le sue citazioni costituiscono una guida per i suoi fedeli. Il ruolo della chiesa nel fenomeno d’immigrazione è predominante, ma sono state elencate anche le attività della Comunità di Sant’Egidio e delle altre associazioni che operano in questa direzione. L’ospitalità e l’accoglienza per i migranti viene paragonata ai gesti di Abramo nella Genesi, quando insiste con i tre visitatori di fermarsi a casa sua. Il pubblico ha ascoltato con attenzione e in silenzio ogni intervento, apprezzando l’essenza di essi con l’intensità degli applausi e solo alla fine hanno fatto delle domande ai relatori. Dai giovani alle persone anziane, arrivati da tutta l’Italia e anche dall’estero, tantissimi ascoltatori in piedi e seduti per terra, italiani e immigrati, numerosi giornalisti che hanno dovuto accontentarsi della mancanza delle cuffie sufficienti per sentire la traduzione – gli organizzatori non si aspettavano a un afflusso così consistente – per non parlare di gente rimasta fuori in impossibilità di entrare per esaurimento dei posti: tutto questo dimostra che il tema della migrazione e l’integrazione rimane d’importanza maggiore per la società.
„Aprire il cuore e la casa a uno straniero”, con questa riflessione e l’esempio di Abramo ha iniziato il suo discorso il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti della Santa Sede. „Viviamo nella globalizzazione senza precedente: la statistica parla di 232 milioni di migranti quest’anno nel mondo. Gente che intraprende un viaggio per cercare fede e speranza”. Più di 200 ascoltatori hanno applaudito la presentazione del cardinale per l’immagine di apertura della chiesa verso colui che viene da fuori provando a lasciare alle spalle la disperazione, con la fede che Dio non l’abbandonerà mai e non gli negherà la forza di andare avanti e superare le difficoltà. Per quelli che vedono nello straniero una minaccia, un pericolo il messaggio è di superare i pregiudizi. „Gli immigrati hanno delle barriere linguistiche, sociali. L’assistenza che bisogna dare loro all’arrivo è di massima importanza, poi è necessario accoglierli e aiutarli ad integrarsi”. La conclusione del suo intervento è che si richiede alla gente uno scambio reciproco, insegnare al popolo una cultura d’accoglienza nella convivenza con chi è differente. Siccome l’integrazione è un fenomeno dinamico e non statico, si sollecita lo sforzo di più generazioni. „E’ un dovere della società tutelare gli stranieri nella loro dignità umana, evitare di diventare vittime del traffico umano. Vi invito a vedere l’altro come un fratello”.
„Salviamo dei profughi eritrei che scappano dal loro paese perché costretti a fare il servizio militare dai 16 ai 50 anni. Spesso finiscono nel Sudan dove sono rapiti nei campi e venduti ai beduini egiziani, che a loro volta li passano agli altri con lo scopo di estorcere soldi alle famiglie dei profughi, obbligati a lavorare per saldare il riscatto. Se non pagano, le persone vengono maltrattate: le ragazze vengono violentate, torturate insieme ai maschietti”, commuovente la relazione di Alganesh Fessaha, presidente dell’associazione Gandhi, eritrea. Alla fine dell’intervento ha mostrato delle foto dei giovani maltrattati, inguardabili dalla crudeltà usata per lasciare dei segni agghiaccianti con il ferro bollente oppure con dei sacchetti di plastica bruciati e fatti collare sul loro corpo, che per fortuna sono stati salvati dall’associazione e consegnati alle Nazioni Uniti. Diverse donne eritree sfruttate nell’Egitto sono state inserite nel mondo del lavoro, nei negozi e sartorie aperte appositamente per loro. „Siamo tutti immigrati in questo mondo”, ha concluso Fessaha.
„L’integrazione è necessaria per avere la pace sociale. Mai come in questi tempi le persone hanno lasciato le loro case per cercare la speranza”, ha detto Heinrich Kreft, che ha illustrato il metodo tedesco per accoglienza e l’integrazione degli immigrati. Sono 13 anni che la Germania adotta una politica d’integrazione con la ricerca delle migliori soluzioni. Gli stranieri qui vengono in maggior parte dalla Turchia, Polonia, Russia, seguiti da quelli europei: italiani, spagnoli e grechi. Kreft ha sottolineato che il migrante che supera la barriera della lingua e ha degli studi superiori, ha più chance di trovare un lavoro migliore e di inserirsi alla pari degli tedeschi nella società. Diverso il metodo di accoglienza degli francesi, presentato dal direttore de „La Vie”, Jean-Pierre Denis, che ha parlato del fenomeno dell’islamofobia con il quale si è confrontato anche Sarcozi. Ma un grande problema oggi lo costituisce la comunità rom: „Francia non può accogliere tutta la miseria del mondo”. „Si sente la mancanza di una politica più creativa e più realista della migrazione, quella classica non basta”, ha dichiarato José Angel Oropeza, il direttore del coordinamento mediterraneo dell’OIM, che ha elaborato una catena di dati riguardanti all’immigrazione al livello mondiale, dal sud al nord e dal sud al sud. „In Italia c’è lavoro per gli stranieri, dobbiamo aiutarli ad integrarsi e darli la possibilità di lavorare. Devono sentirsi parte della nostra società”.
Raisa Ambros(02 novembre 2013)
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