Il 1 marzo 2006, con una circolare del MIUR, nascevano ufficialmente le prime linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri. Il contesto multiculturale rendeva necessario adottare nuovi comportamenti per far fronte a una scuola che cambiava: gli educatori e gli studenti dovevano imparare ad incontrarsi su un nuovo campo, ed era necessario adottare un indirizzo comune.
Da allora molto è cambiato: nell’arco di dieci anni nelle scuole si è passati da 100.000 a 800.000 alunni di origine straniera, di cui la maggior parte nati in Italia. Si è iniziato a parlare di educazione interculturale, a porsi domande sui diversi tipi di alunni stranieri – ambiente familiare, contesto linguistico, età – e sul ruolo degli educatori. È così che nel febbraio 2014 il MIUR ha dato vita a un nuovo modello sostitutivo di quello del 2006.
Le nuove linee guida, redatte a 8 anni di distanza dall’ultimo documento, nascono dall’esigenza di far luce sui cambiamenti che si sono verificati: “Nel 2006 ci si riferiva principalmente all’istruzione del primo ciclo. Ma lo scenario delle scuole multiculturali è cambiato, i bambini di allora sono cresciuti, sono diventati adolescenti, e in questo documento aggiornato si analizzano problemi non trattati in precedenza”, spiega Vinicio Ongini della Direzione generale MIUR per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione.
Un tema nuovo e centrale, infatti, è l’orientamento scolastico. Istituzioni ed enti locali sono chiamati a facilitare la scelta dell’istituto da parte dei genitori degli studenti più giovani, così come i docenti dovrebbero guidare quelli più grandi nel passaggio alla scuola secondaria.“I dati ci dicono che l’80 per cento degli alunni stranieri si iscrive ad istituti tecnico professionali. Vuol dire che qualcosa non va nei metodi di orientamento. I ragazzi spesso optano per il percorso più facile e con più sbocchi lavorativi senza valorizzare le loro potenzialità. Ma la cosa più grave è che in alcuni casi sono gli stessi istituti, scientifici o classici, a scoraggiare gli studenti stranieri”.
Altra novità delle nuove linee guida è la differenziazione degli alunni. Le esigenze dei figli di coppie miste sono diverse da quelle dei minori non accompagnati, o dai ragazzi arrivati in Italia per adozione internazionale. Se un contesto familiare non italofono può portare per esempio ad un’insicurezza linguistica in ambito scolastico, i vantaggi del bilinguismo per i figli di coppie miste sono innegabili. Allo stesso modo, minori non accompagnati o adottati necessitano di un intervento psicologico che la scuola può e deve garantire parallelamente a quello didattico. Resta certa in ogni caso la salvaguardia del diritto all’istruzione: l’iscrizione scolastica deve essere garantita anche ai figli dei migranti irregolari, verso i quali – come avviene per i medici – gli insegnanti non hanno alcun obbligo di denuncia.
Altri tipi di problemi sorgono per rom, sinti e caminanti. Degli appartenenti a questi gruppi è molto ristretto il numero di coloro che partecipano alla vita scolastica per due ragioni: c’è una forte tendenza all’evasione scolastica e una grande difficoltà nel definirsi rom, sinti o caminanti. Ma Vinicio Ongini fa anche un’autocritica: “Probabilmente le strategie adottate fino ad ora non funzionano. Sono da evitare le azioni esclusive e mirate, bisogna pensare a dei progetti che siano veramente interculturali, che possano coinvolgere tutta la classe e non i singoli alunni stranieri”.
Nelle linee guida si riconosce anche l’importanza dell’insegnamento dell’Italiano L2, che nella pratica resta caratterizzato da una totale vaghezza.“La questione delle risorse per sostenere i docenti L2 non rientra in questo documento perché noi ci occupiamo di modelli, ma ovviamente ci aspettiamo che le nostre proposte, poi, si traducano in azioni”. Certo è che le linee guida sono molto specifiche su tempi e modi: l’insegnamento dell’Italiano L2 per gli alunni in fase di accoglienza dovrebbe attestarsi intorno alle due ore giornaliere per circa 3-4 mesi. I laboratori linguistici sono definiti infatti l’anello decisivo di tutto il sistema dell’integrazione. Al punto che, oltre all’Italiano, si è deciso di dare grande importanza anche all’insegnamento diffuso delle lingue non comunitarie, lingue madri di molti studenti. Ancora una volta, l’integrazione passa dalla lingua.
Nel documento c’è anche spazio per gli adulti. Questo è un altro aspetto nuovo ma non secondario perché, come fa notare Ongini, “il livello di istruzione dei figli dipende anche dai genitori”.
Rosy D’Elia e Veronica Adriani
(2 aprile 2014)