Una generazione sacrificata. “Vorrei arruolarmi nella Marina Militare italiana, facendo prima la scuola sottufficiali che dura due anni, ma non posso perché non ho avuto in tempo la cittadinanza italiana, nonostante stia in Italia da 14 anni. Se non la ricevo entro cinque anni, potrò entrare lo stesso nella Marina ma non come sottufficiale o come ufficiale”, questa è la triste storia di Davide Firiza, di origine rumena. Un giovane atletico, ambizioso, che parla meglio l’italiano della sua lingua madre, perché arrivato in Italia da piccolo e ora frequenta l’ultimo anno all’Istituto Tecnico Industriale Giovanni XXXIII a Roma. La sua famiglia ha scritto un memorandum l’anno scorso al Ministro per l’Integrazione Kyenge, al Ministro rumeno della diaspora Cristian David e a tanti giornali, un appello disperato dove chiedeva di intervenire in questo caso particolare. Purtroppo, non ha ricevuto alcuna risposta, ad oggi i due ministri non sono più in carica e la situazione è rimasta irrisolta.
I tempi infiniti. Nel febbraio 2008, la madre di Davide, Ludmila Adina Stan-Firiza, ha fatto domanda per la concessione della cittadinanza italiana per lei e i tre figli minorenni a carico. I tempi di attesa previsti erano tra 24-30 mesi, ma per motivi burocratici il periodo si è allungato fino a oltre cinque anni. A marzo del 2013 è arrivato finalmente il decreto per la cittadinanza italiana, ma soltanto per Ludmila e sua figlia Estera, perché David ed Abel, nel frattempo, erano diventati maggiorenni. E la legge dice che i due ragazzi compiuti 18 anni devono fare la domanda da capo in modo indipendente, nonostante avessero già aspettato cinque anni. La vicenda pare assurda: questi ragazzi sono puniti soltanto perché hanno avuto la sfortuna di aspettare oltre i 30 mesi previsti? Se la cittadinanza fosse arrivata nei tempi promessi, la loro vita poteva essere già cambiata in meglio. La situazione ha creato un disaggio notevole a Davide che non riesce a raggiungere il sogno che coltivava fin da piccolo, a causa di ritardi temporali legati alla concessione della cittadinanza.
La domanda da fare agli enti competenti è: se questi ragazzi hanno aspettato per cinque anni, e la colpa non è loro, perché dovrebbero rifare la domanda e aspettare ancora altri anni, visto che le richieste si sono moltiplicate nell’ultimo periodo? E’ una generazione sacrificata, questa, a cavallo della maggiore età? Perché nella legge manca la parte dove si dice che i minorenni a carico dei genitori che hanno fatto domanda per ricevere la cittadinanza la possano ricevere una volta diventati maggiorenni, come suggerirebbe il buon senso? L’aspetto doloroso in questa situazione è che la madre e la sorella più piccola, non avendo la necessità urgente di entrare in possesso della cittadinanza, l’hanno ricevuta, invece David, che ha tutti i requisiti per arruolarsi nelle forze speciali dell’Esercito Italiano quest’anno, e non oltre i 27 anni, non lo può fare per mancanza della cittadinanza.
“Appena passati i 24 mesi, il tempo minimo d’attesa per la cittadinanza, sono andata ad informarmi, volevo sapere a che punto era la mia pratica, il motivo del ritardo, ho presentato regolarmente tutti i documenti richiesti dalla Prefettura, ma mi è stato risposto di aspettare. Mi sono registrata sul portale del Ministero d’Interno per seguire la mia pratica dove appariva sempre il messaggio: “Pratica conclusa, in fase di…” Agli sportelli mi assicuravano che anche i due maschi, una volta maggiorenni sarebbero entrati in possesso della cittadinanza. Nessuno mi diceva come stavano veramente le cose”, racconta Ludmila.
Con tanta pazienza, David e l’altro fratello maggiorenne Abel, che vorrebbe arruolarsi nell’esercito, hanno rifatto la domanda ad ottobre 2013. I tempi previsti? Un’incognita! “Mi piacerebbe raggiungere il mio obbiettivo per passione e per avventura, ma soprattutto per aiutare l’Italia ed altri paesi. Vorrei fare un appello al Parlamento italiano, ai responsabili della legislatura, perché modifichino la legge sulla cittadinanza per tutelare i giovani nella mia situazione, oppure al Ministero della Difesa per emettere una deroga per farmi entrare nell’esercito, nell’attesa di diventare italiano”.
Il memorandum e l’appello della famiglia Firiza sono stati presentati ai rappresentanti della Prefettura di Roma, che hanno risposto rilasciando un’intervista che sarà pubblicata la prossima settimana.
Raisa Ambros
(02 aprile 2014)
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