Continua a crescere il numero di alunni con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole, anche se l’incremento è ridotto rispetto al passato. Nell’anno scolastico 2012/2013 le iscrizioni sono state 786.630, con un +4,1% rispetto ai dodici mesi precedenti, contro il +8,4% del 2011/2012 riferito al periodo 2010/2011. Il livello di incidenza maggiore continua ad essere nella scuola dell’infanzia e nella primaria, con il 9,8% sul totale. Nelle secondarie si scende al 9,6% per quelle di primo grado ed al 6,6% per quanto riguarda il secondo grado. Sono alcuni dei dati del Rapporto Nazionale sugli alunni con cittadinanza non italiana (Cni) presentato il 12 maggio presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in collaborazione con la Fondazione Ismu.
Sono venti anni che la questione è sotto la lente di ingrandimento e dopo una fase più ingenua di scoperta della diversità ed una emergenziale in cui tutte le criticità dell’istituzione scolastica sembravano da addossarsi alla presenza di stranieri, si sta giungendo alla consapevolezza di affrontare il problema “facendo distinzioni, non pensando che tutti i ragazzi siano uguali, a partire dal fatto se siano nati in Italia o meno”, interviene Roberto Reggi, sottosegretario di Stato al Miur. “La regolarità dei percorsi delle seconde generazioni è migliorata, le prove Invalsi rilevano un avvicinamento dell’apprendimento agli standard dei compagni italiani, specialmente in matematica. Dobbiamo rispondere alla sfida portando alla progettualità il sistema istruzione, cooperando con le associazioni e gli enti territoriali”.
Sfida che non è solo scolastica, ma del Paese tutto, “che cambia sotto la pressione di presenze ormai non più da considerarsi nuove”, commenta Sandra Zampa, parlamentare e vice presidente della Commissione per l’Infanzia e l’Adolescenza. “La conoscenza è la base per la convivenza futura e i bambini si riconoscono semplicemente come tali, affrontando insieme le diversità”, ponendo le basi per una società complessa con cui “faremo i conti”. Ma non solo i ragazzi, anche le rispettive famiglie sono “veicoli di integrazione”.
Statistiche Con riferimento al genere la componente femminile della popolazione scolastica ha ormai raggiunto i livelli delle pari età italiane, attestandosi sul 48%, con punte addirittura superiori al 50% nel nord ed in particolare nel Trentino (54,3%). Riguardo le provenienze troviamo tutti i continenti, quasi la metà è di origine europea (di cui solo un quarto comunitari), il 24% dall’Africa, il 16,5% dall’Asia, 9,1% dall’America fino allo 0,05% dell’Oceania. Romania (148 mila), Albania (104 mila) e Marocco (98 mila) le nazioni più rappresentate. Il divario sul rendimento si fa più marcato avanzando nel percorso, al termine delle secondarie di secondo grado solo il 64% degli scrutinati è promosso contro l’82% dei nostri connazionali.
Comparazione europea L’Europa occidentale conferma un calo demografico già in atto da decenni ed anche gli alunni con altra cittadinanza sono in diminuzione. Risalta il caso della Spagna, per la prima volta ad un’inversione di tendenza sia in valori percentuali che assoluti. La tipologia di “alunno straniero” è comunque sempre meno indicativa, come in Gran Bretagna dove non si rileva la nazionalità – molti provengono dalle ex colonie – ma il background etnico/culturale. In Francia l’attenzione è sugli “Eana”, cioè “élèves allophones nouvellement arrivés” (studenti di un’altra lingua nuovi arrivati). Nei paesi tedescofoni si parla di persone con “retroterra migratorio”, indice di stabilizzazione dei flussi.
Alunni rom Quando si parla di minori rom bisogna specificare che i dati presentano lacune, come l’assenza di suddivisione per classi di frequenza e di un censimento ufficiale della popolazione tutta che secondo uno studio del 2006 conterebbe circa 104 mila unità, di cui 70 mila sotto i diciotto anni e 30 mila in età di obbligo scolastico. Di questi solo 11 mila risultano iscritti all’anno scolastico 2012/2013. Al problema dell’evasione si aggiungono la dispersione e la frequenza saltuaria. Alla secondaria sono solamente 107 gli adolescenti iscritti, a cui però vanno aggiunti i partecipanti a corsi di formazione professionale. Si evincono quindi un diritto all’istruzione non ancora attuato pienamente e politiche di inclusione fallimentari.
Gabriele Santoro(13 maggio 2014)
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