Attenzione: la manifestazione è stata annullata
E’ un giugno dedicato ai migranti, quello del Teatro di Villa Torlonia. La rassegna Progetto Migranti – Solo le montagne non si incontrano mai è infatti una tre-giorni dedicata a spettacoli, cinema, teatro e letteratura del (o sul) mondo migrante. L’incontro tra le culture è protagonista della rassegna; la ricerca – o la perdita – dell’identità personale e collettiva, l’inevitabile conseguenza.
“Quando ho iniziato ad immaginare questo evento, ho pensato all’adolescenza. È un periodo di transito, difficile, in cui non si è adulti né bambini, un po’ come avviene nell’incontro tra culture. Identificarsi in una cultura univoca non è sempre possibile…e in fondo nemmeno auspicabile”. Carla Romana Antolini, curatrice della rassegna, racconta così l’idea alla base del progetto, nato da un incontro con Emanuela Giordano, direttrice della Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea: “Emanuela dirige molti spazi, tra cui il Teatro di Villa Torlonia, che si presta bene ad eventi che nascono nell’associazionismo. Mi è sembrato lo scenario ideale per accogliere degli spettacoli che avevo visto e che conoscevo”.
Il cartellone è ricco: investe Asia, Africa, Sud America. La collaborazione con Black reality, progetto che il mese scorso è stato protagonista del Teatro Vascello per una settimana dedicata alle arti performative, contribuisce alla chiusura della rassegna, con Neri si nasce, bianchi si muore, spettacolo previsto per domenica 22. L’intervento dell’Ambasciata Uruguayana ha invece portato sul palco Veronica Cassiols, attrice molto conosciuta in Uruguay, che interpreta un’ebrea polacca in fuga dalle persecuzioni naziste nel testo Rifka di Anita Luksenburg. C’è poi anche il Coro Afrique, composto da bambini afroitaliani e “che pochi mesi fa, l’8 dicembre, ha riempito la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium”, ricorda Antolini.
“La conoscenza è un mezzo fondamentale per risolvere conflittualità sociali”, continua la curatrice, che ha intrapreso insieme ad altre associazioni della scena romana un percorso di costruzione di una Casa delle Culture della Capitale. Se le si chiede come si immagina questo spazio di condivisione, risponde con sicurezza: “dev’essere una casa culturale, non un semplice punto di rappresentanza delle varie comunità: non ha senso creare un Ministero degli Esteri in miniatura. La immagino come un moltiplicatore di energie: questo è il motivo per cui siamo in sinergia con altre realtà, non ultima quella delle Biblioteche di Roma che fa capo a Gabriella Sanna”. E infatti nella giornata di venerdì sarà presentato anche il progetto: Per un centro interculturale a Roma.
I cambiamenti sono, in fondo, sotto gli occhi di tutti: le famiglie miste ne sono l’esempio più lampante. Ma è quando il cambiamento avviene e la società stenta a riconoscerlo, che si fa più forte il ruolo dell’arte: “l’arte arriva sempre un attimo prima della realtà, la anticipa”, afferma Antolini.
Oppure- speriamo – aiuta la società a comprenderla meglio.
Veronica Adriani
(19 giugno 2014)
Leggi anche…
Black Reality, il teatro è provocazione
Le seconde generazioni di Tam Tam d’Afrique: Africa chiama Italia