La diffusione delle banche del tempo a Roma risale al 1996 su azione del Comune. Il principio dell’associazione è semplice: i correntisti, così si chiamano gli iscritti, mettono a disposizione le proprie competenze ricevendone altre in cambio. L’unità di misura non è legata alla professionalità o all’importanza di quanto svolto, ma unicamente al tempo dedicato. Così nel giro di due anni è nata l’idea della banca del tempo multiculturale, “quale luogo migliore per scambiar ‘altri’ saperi”, spiega Angela Scalzo, segretaria generale dell’associazione S.O.S. Razzismo, gestore delle due sedi in via Catania – zona piazza Bologna – e Ostia.
La localizzazione non è casuale, sono aree ad alta presenza di migranti, oltre 5000 solo nel quartiere Nomentano-Italia – l’ex III municipio ora confluito nel II – di cui un terzo dall’Europa dell’est, poco più di un quarto dall’Asia, Filippine in testa, seguono latinoamericani e africani per il 15 e 14%. Essendo il tenore di vita dell’area medio-alto, molti sono impiegati nelle collaborazioni domestiche, ma data la vicinanza con l’università non mancano gli studenti stranieri.
“L’interscambio promuove la facilità di inserimento a Roma”, continua la Scalzo, nonostante la massiccia presenza di cittadini non italiani “non c’è organizzazione”. A costo zero si riesce così a favorire l’interazione con gli autoctoni, in una realtà più verde di età rispetto alla media urbana e delle altre banche del tempo. La vivacità culturale è uno stimolo per imparare le “lingue emergenti” come russo, cinese ed arabo oltre alle più classiche: inglese, francese, spagnolo e tedesco. Master in India, Cina, Emirati Arabi sono molto ambiti anche fra i giovani italiani.
Con operatori e mediatori culturali si riescono invece a coprire lo spagnolo (Messico ed Ecuador) e mentre per gli idiomi dell’est Europa, ci sono volontari da Moldavia, Romania ed Ucraina. Il loro lavoro inizia già dai colloqui per il monitoraggio dei correntisti della banca del tempo – quasi 700 dei quali un terzo sono stranieri – quando si ha a che fare anche con bambini ed anziani l’attenzione nelle valutazioni non è mai troppa. A quel punto inizia l’interscambio, individuale o di gruppo, dalle lezioni di cucina etnica al semplice accompagnamento alla posta per ritirare la pensione, dallo yoga alla meditazione con una psico-terapeuta professionista.
Poi c’è il lavoro informativo degli sportelli, dove gli utenti sono “incanalati in circuiti che ne ottimizzino la presenza in Italia, con servizi su permessi di soggiorni, ricongiungimenti, tutela legale, amministrativa, sanitaria, scolastica, sindacale grazie al protocollo di intesa con ItalUil. Fungiamo anche da antenna per l’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, raccogliamo cioè le segnalazioni di episodi di discriminazione a sfondo razziale”, girate all’Ufficio stesso una volta messe a verbale. La maggior parte delle situazioni sono lavorative, ma non sono mancati casi di gravità inaudita, contro un ragazzo moldavo ed una collaboratrice familiare filippina.
Il primo, a Roma in trasferta di lavoro con la sua azienda, si è visto apostrofare con insulti razzisti prima di essere picchiato solo per aver chiesto ad un cameriere di un bar di piazza Bologna di poter finire la sua bevanda in orario di chiusura. “Nonostante la testimonianza di una signora, il ragazzo non ha sporto denuncia, non potendosi permettere continui spostamenti a Roma”. La donna filippina invece, accusata senza prove di aver rubato nella casa dove era impiegata, è stata allontanata dall’abitazione a forza dal figlio del datore e spinta con violenza per le scale.
Ma ci sono anche storie che sorprendono in positivo, come quella di una guardia giurata di padre italiano e madre eritrea, aspetto africano ma italiano a tutti gli effetti, che ha abbattuto il muro di pregiudizio prodigandosi con una generosità fuori dal normale, a dispetto dei turni di lavoro. Stereotipi che colpiscono anche i nostri connazionali, come il poliziotto del sud Italia che ha dovuto scrollarsi di dosso la diffidenza che per molti ha quella professione, dimostrandosi disponibile oltre ogni attesa con la donna disabile che gli era stata assegnata, finendo addirittura per andarla a trovare la notte di capodanno.
“È un lavoro che appassiona molto”, chiude la Scalzo, “molti tirocinanti tornano per prolungare l’esperienza formativa in convenzione con l’università, si viene a contatto con realtà eccezionali. Lo scambio, anche ludico, porta all’accettazione”.
Gabriele Santoro(18 giugno 2014)