Sabato 4 ottobre, ore 10.30. Alla moschea di Centocelle a Roma si è da poco conclusa la seconda preghiera per l’Id al-adha o festa del sacrificio, una delle ricorrenze più importanti dell’islam.
“Oggi celebriamo il nostro padre Abramo”, spiega Khaled, che con il figlio Walid si accinge a raggiungere il resto della famiglia per il pranzo della festa: “Quello che mi piace di più è mangiare insieme e trascorrere momenti speciali in famiglia” sorride Walid. E in un mondo sempre più multiculturale il clima dell’ Id al-adha arriva anche ai non musulmani “Io lavoro alla FAO – prosegue Khaled – e molti colleghi mi hanno fatto gli auguri. Walid frequenta una scuola cristiana e non ha mai vissuto discriminazioni, anzi le insegnanti lo hanno invitato a portare il corano in lingua italiana per leggerlo e discuterne in classe”.
Nella parte della moschea dedicata alle donne Zara, Mounira, Hoda e Malika chiacchierano sedute sul grande tappeto dai motivi orientali. “Ieri ho passato la sera a piangere pensando al pellegrinaggio alla Mecca” sul volto di Zara affiora un sorriso, incorniciato dal velo dai colori vivaci. Il pellegrinaggio alla Mecca, hajj, è uno dei cinque pilastri dell’islam: “Va compiuto almeno una volta nella vita in questo periodo dell’anno ed è ciò che rende completo il percorso spirituale di un fedele musulmano. Mio marito l’ha già fatto, io sto aspettando che i bambini siano abbastanza grandi”.
La conversazione prosegue in una curiosa alternanza di italiano e arabo: “Ci riuniamo tutti i venerdì e i sabati, oltre alla preghiera ci sono lezioni di corano e corsi di lingua” racconta Mounira. “È bello vedere donne provenienti da moltissimi paesi diversi, dalla Tunisia al Marocco, dall’Etiopia all’Eritrea, dalla Somalia alla Libia, unite dalla stessa lingua: l’arabo. E ci sono corsi di italiano per le sorelle che non lo conoscono. Sono anche momenti per stare con le amiche sorseggiando tè e gustando dolci”.
Si sente nella moschea di Centocelle un clima di familiare convivialità: “Io vivo a Labico ma vengo sempre alla moschea Al Huda” spiega Malika “La grande moschea è bellissima, però qui mi sento a casa”. “I nostri figli sono cresciuti insieme” racconta accennando a Munira “Si sono laureati insieme e anche oggi che sono sposati continuano ad essere amici. Loro sono diventati una parte di me”. “Si sono creati tra noi dei rapporti più forti di quelli che abbiamo con le famiglie nel paese di origine” conferma Mounira. “Quando torno in Marocco mi manca l’Italia” confessa Zara.
Il calore e l’apertura di queste donne, che non mancano di invitarti a tornare per assaggiare il loro cous cous, fanno salire l’indignazione verso certe distorsioni mediali che continuano ad associare l’islam al terrorismo: “L’Isis non è islam” sottolinea Malika “La nostra religione è per la pace e contro la guerra. Il corano afferma che dobbiamo essere uniti e rispettare tutte le altre fedi, perché Dio è uno solo”. “In generale non abbiamo problemi con le persone che ci conoscono, io ho ottimi rapporti con i miei vicini. Ma quando ti allontani dal tuo quartiere non sai cosa ti può capitare”. “Chi ha una visione dell’islam basata solo sulle cronache televisive lo confonde con il terrorismo” spiega Mounira “E possono capitarti episodi di intolleranza. L’altro giorno una signora fuori dal supermercato mi ha indicato dicendo ‘guarda le donne dei talebani’. In autobus ci sono ragazzine che mi danno della terrorista”.
Sono le 12 ed è ora di tornare a casa per preparare l’agnello, piatto tipico dell’Id al-adha che ricorda il sacrificio di un montone compiuto da Abramo, fermato da un angelo prima di immolare il figlio Ismaele come prova di fede a Dio. Girato l’angolo della moschea di Centocelle c’è fermento davanti a uno dei negozi che vendono carne halal. “Stiamo aspettando l’arrivo di circa cinquanta agnelli” Abdelilah è un amico del proprietario e ama trascorrere la festa in negozio per rivivere appieno le tradizioni: “Chi ne ha la possibilità compra l’animale vivo e dopo la messa va in mattatoio per assistere al sacrificio rituale. Quando ero bambino non vedevo l’ora di aiutare mio papà con un piccolo coltello”. L’animale viene diviso in tre parti: “Una parte si mangia in famiglia, una parte è destinata agli ospiti, mentre il restante viene donato ai bisognosi che non possono permettersi di acquistarlo”. E nell’era del web circolano anche immagini irriverenti, simili a quelle che si diffondono durante la pasqua, con buona pace degli animalisti. Ma si sa, la tradizione è tradizione.
E c’è anche chi festeggia al ritmo di percussioni e danze insieme agli amici italiani, come è avvenuto domenica 5 ottobre nella spettacolare serata organizzata a Roma dal gruppo Ndiaye Music per il Tabaski, nome che assume la festa dell’Id al-adha in Senegal. Questo è l’islam: serenità interiore, gioia di stare insieme.
Sandra Fratticci (6 ottobre 2014)
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