Roma è recentemente entrata nel mirino dello Stato Islamico, la cosa non sembra turbare oltre ragione Rav Menachem Lazar, dell’associazione ebraica Chabad di piazza Bologna, che ripone piena fiducia nelle forze di difesa italiane: “il terrorismo dovrebbe preoccupare tutti, ovviamente noi siamo in prima linea e questo il governo l’ha percepito dall’attacco al Tempio Maggiore di Roma nel 1982, però ci sentiamo protetti. Ovviamente rimane una certa apprensione, la nostra speranza è che diventi una preoccupazione collettiva, perché riguarda tutti, essendo il terrorismo contro la civiltà occidentale. L’Isis è visto come una minaccia per Israele come qualsiasi altro gruppo terroristico, ma credo sia un pericolo più grande per l’Europa”.
E’ noto che il 2015 sia iniziato come peggio non si poteva in Europa, attentati e vittime a Parigi e Copenhagen, matrici comuni il fondamentalismo islamico, l’intolleranza verso vignettisti dissacranti e il terrore in luoghi frequentati da ebrei: se a Parigi Coulibaly si era asserragliato in un supermercato kosher, nella capitale danese Hamid el-Hussein aveva puntato dritto alla sinagoga.
Il fenomeno dei foreign fighters sta recentemente sconvolgendo il Vecchio Continente, incredulo su come seconde generazioni nate e cresciute qui possano subire il fascino di predicatori di odio e vendetta. “È un fenomeno molto preoccupante, in primis perché la guerra è un fattore negativo. Attaccare e uccidere persone solo perché di una religione o fazione diversa è inquietante, ancora di più sapendo che questi tornano nei paesi di origine per compiere attentati”, commenta Rav Lazar.
E Israele? Può essere un richiamo – non certo per terroristi – per l’arruolamento di soldati? Di sicuro è uno Stato che attrae gli ebrei di tutto il mondo, “essendo la terra dei nostri avi, la terra promessa, un luogo stupendo con diversi tipi di paesaggi in pochi chilometri, pieno di vita, amici e familiari”. Chi torna a viverci, diventando cittadino, ha l’obbligo di leva “ma non si va in Israele per combattere, in più si tratta di un esercito di difesa”, traduzione del nome delle forze armate, Tzahal. Il legame con le origini è potente, “è difficile da spiegare, trascende l’intelletto”, spiega Rav Lazar. “Da quando circa 2000 anni fa fu distrutto il Tempio di Gerusalemme gli ebrei hanno sempre voluto andare a vivere in Israele, hanno aiutato gli ebrei che abitavano lì”.
Tutto ciò non viene perso nemmeno a Roma, a piazza Bologna. La vita intorno all’associazione esula gli aspetti politici, meglio evitare commistioni: “religione e politica non devono essere legate, abbiamo un ottimo rapporto con le istituzioni ma non entriamo nella politica”, racconta Rav Lazar. Meglio concentrarsi sugli aspetti spirituali, “le attività collettive si svolgono intorno alle preghiere quotidiane, alle feste ebraiche, l’educazione, occasioni liete come nascite, Bar Mitzvah (l’ingresso dei ragazzi nell’età della responsabilità nei confronti della legge ebraica, BatMitzvah per le ragazze, rispettivamente a 13 e 12 anni, ndr), matrimoni, e meno liete come funerali”. Tutti partecipano, “dai bambini agli anziani”. E nel periodo di crisi sono aumentati i bisognosi e di conseguenza il sostegno sociale e l’assistenza.
“Il senso di comunità è molto forte, per tutte le comunità nel mondo. All’interno di esse ci si aiuta a vicenda, si dà una mano ai meno fortunati, pure in caso di un attacco, ovunque esso avvenga. Anche dalla Capitale si fa quello che si può, quello che si deve.
Gabriele Santoro(25 febbraio 2015)