Dal 2012 Villa Borghese fa da cornice al raduno della comunità iraniana in occasione del nowruz, il capodanno persiano. Vi hanno partecipato cittadini originari dell’Iran e di altri paesi, parte un tempo dell’impero dell’antica Persia. Tradizione vuole che questa festività coincida con l’equinozio di primavera, il 21 marzo, sottolineandone il significato in termini astronomici e simbolici.
Davanti alle statue di Ferdowsi e Nezami, i festeggiamenti si sono aperti, come di consueto, con la declamazione di alcuni versi dei poeti Ferdowsi, Hafez e Ganjavi: “un omaggio a tre grandi della letteratura persiana, le cui poesie costituiscono motivo di comunanza per i popoli dell’altopiano iraniano” racconta Vahè Massihi Vartanian, architetto e membro dell’associazione italo armena Zatik.
Secondo la plurimillenaria cultura zoroastriana che ne è alla base, il calendario lunare iraniano prevede quattro feste, fondate sul ruolo centrale della natura. Il nowruz è la celebrazione del primo giorno del primo mese della prima stagione dell’anno 1394. A precederla di cento giorni, a fine gennaio in Iran si festeggia il sadeh, ricorrenza laica che rende onore al fuoco, vittorioso sulla forza ostile del freddo e delle tenebre. Il due ottobre è la volta del mehrengan, per la stagione del raccolto: in ricordo dei doni offerti dai visitatori che giungevano nell’antica Persepoli, si usa ringraziare la natura con festeggiamenti sfarzosi e magnificenti. L’elenco si chiude con la shabe-e-yalda, in occasione del solstizio di inverno e della notte più lunga dell’anno. È considerata la festa della luce, per ricordare la nascita di Mitra, dio del sole.
Ad accompagnare il nowruz, il sentito scambio di auguri tra parenti ed amici presenti all’incontro, ai quali si sono aggiunti quelli del sindaco di Roma Ignazio Marino alle diverse comunità iraniane della città. La festa si è svolta all’insegna della condivisione dei cibi e degli oggetti del sefreh haft sin, la tavola tradizionalmente imbandita con elementi accomunati dalla lettera iniziale s. Ognuno di questi costituisce un richiamo al patrimonio di valori della comunità iraniana: felicità, rinascita e salute tra tutti. Accanto ai sette componenti tradizionali, hanno trovato posto alcune monete quale auspicio di ricchezza, un piccolo cesto di uova decorate in segno di fertilità, un candelabro simbolo dell’illuminazione, e uno specchio “per riflettere ogni oggetto presente sulla tavola, così da esaltarne la valenza significativa”.
Il clima di gioia e di festeggiamenti che ha animato il nowruz in questa giornata resterà vivo fino al tredicesimo giorno dell’anno, quando a suggellarlo sarà il rito del sabzeh: per l’occasione, l’erba germogliata in casa verrà gettata via con un gesto simbolico, volto ad esorcizzare la negatività attribuita al numero tredici.
Clara Agostini
(25 marzo 2015)
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