Il ritorno volontario per ascoltare i bisogni del migrante

progetto del CIR: ritorno volontario assistitoDue questioni scuotono gli animi della comunità peruviana presente nel II Municipio di Roma: l’esclusione del Perù da Expo 2015 e la sempre più diffusa volontà di ritornare nella terra d’origine. Il comitato Rete Solidaria per i Diritti Sociali di Reciprocità se ne occupa per conto dell’associazione Bienvenidos Paisanos, che gestisce uno sportello di sostegno legale gratuito e di orientamento per migranti.

Luis Ramos si fa portavoce dell’amarezza del suo popolo per la negata partecipazione all’Esposizione Universale di Milano: “perchè si è privato il Perù dell’opportunità di lanciare sul mercato un sistema di nuove micro imprese, nonostante un così ricco patrimonio di risorse e tradizioni come il nostro?”. Gli interrogativi restano, così come lo sdegno per questa decisione del governo sudamericano.

Oggi l’Italia conta la presenza di 200 mila peruviani, di cui 35 mila a Roma, dove aleggia un senso di malessere e di insoddisfazione generale per le condizioni di vita quotidiane.Le più consistenti ondate migratorie di questo popolo risalgono agli anni ’90, quando trovarono una forte spinta nei mondiali di calcio svoltisi nel nostro paese. L’arrivo in massa di persone con un progetto di vita, intenzionate a costruire un nuovo futuro per loro e per i familiari rimasti in patria, ha visto protagoniste molte donne, spesso giovanissime, anche in dolce attesa. La duplice sfida della maternità e del lavoro è stata affrontata in solitudine in numerosi casi, tanto che a distanza di decenni, è cresciuto tra loro il desiderio di ricongiungersi ai propri cari. A sperarlo sono anche tanti altri peruviani emigrati in tempi più recenti, con le stesse aspettative, tradite però dalla realtà dei fatti e dalla sfavorevole congiuntura economica italiana.

Incontro CIR e comunità peruviana di Roma
Sabato 14 marzo si è svolta in zona piazza Verdi un’assemblea con rappresentanti del CIR e della comunità peruviana del II Municipio di Roma. Oggetto del dibattito sono stati il ritorno volontario assistito e gli accordi tra Italia e Perù

Dal 2008 il CIR promuove progetti per venir incontro ai bisogni di questa gente. Lo sottolinea Valeria Carlini, che spiega il cambio di rotta della onlus rispetto alle fasi iniziali del suo operato: “Nato nel 1990 per favorire l’integrazione dei richiedenti asilo e i rifugiati, dalla fine degli anni duemila il CIR lavora anche sul ritorno volontario assistito, collaborando con alcune associazioni spagnole in paesi dell’America latina, in sinergia con le ong locali”.

Punto di svolta è stata la direttiva europea del 2008 sui rimpatri per la gestione dell’immigrazione, in termini non solo di ritorno forzato, ma anche volontario, finalizzato alla reintegrazione nel paese di origine: vale in primo luogo per i migranti irregolari, ai quali si applica il rimpatrio forzato in caso di loro opposizione al rientro spontaneo. Lo stanziamento di fondi dalla Ue ha consentito all’Italia di realizzare programmi ad hoc per le differenti tipologie di migranti: irregolari, a rischio di irregolarità (con permesso di soggiorno in scadenza), in condizioni di vulnerabilità.Sulla scia dell’azione informativa in materia svolta dalla rete RIRVA, tra i principali progetti attivi si inserisce quello di Integrazione di ritorno 2 assistito, promosso dal CIR insieme ad Oxfam e al CISP. L’iniziativa si rivolge a cittadini di Ghana, Perù, Ecuador e Colombia, e mira ad informare i migranti in fase pre-partenza sul ritorno volontario assistito e a fornir a ciascuno di loro un sostegno economico iniziale di 400 euro. A questo si sommano le spese del viaggio e altro denaro, fino a 2000 euro per adulto per il microprogetto di reintegrazione e di normalizzazione nel paese di origine. Il tutto in proporzione al numero dei componenti del nucleo famigliare. “Quando parliamo di ritorno volontario assistito sono fondamentali la volontà del migrante a tornare, la sua consapevolezza, grazie ad un’informativa apposita, e la verifica delle condizioni di sicurezza del posto in cui fa rientro”. Nel rispetto di queste condizioni, “l’Italia mira entro l’anno a riportare in patria circa 2500 persone” precisa Carlini.

Le possibilità di realizzazione del progetto si legano al fondo AMIF, che subentrerà all’attuale fondo europeo per il ritorno, in scadenza a giugno 2015, e che accorperà il fondo ritorno, il fondo rifugiati, il fondo frontiere ed il fondo integrazione dei cittadini extracomunitari. “Il CIR si batte affinchè i destinatari di queste risorse siano anche persone con permesso di soggiorno, per non penalizzare quanti hanno lavorato qui per anni, con un apporto di crescita notevole al nostro paese”. Questo andrà a beneficio delle comunità latino americane, che si caratterizzano di una regolarità di soggiorno diffusa. I nuovi fondi puntano sull’efficacia dei progetti di reintegrazione, funzionali alla stabilizzazione definitiva della persona nel paese d’origine.

Il CIR non sottovaluta l’impatto emotivo del migrante al momento del rientro assistito, alla luce dei rischi di scollamento con il contesto che ritrova in patria e in famiglia, dopo lunghi periodi di assenza. “Il ritorno è spesso visto come ultima spiaggia per uscire da una situazione difficile in Italia: sono rari i casi in cui una persona spera di tornare nuovamente nel nostro paese”. Prima di poterlo attuare, la comunità peruviana aspetta di vedersi riconosciuto il lavoro prestato, insieme ai contributi versati durante la permanenza in Italia: rimane aperto il nodo sui patti bilaterali con il Perù, in nome del diritto ad una pensione dignitosa, rivendicato a gran voce dai lavoratori peruviani.

Clara Agostini(18 marzo 2015)

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