“Tutti hanno un grande bisogno di qualcuno che li prenda per mano con immensa misericordia per far sì che percorrano la strada del paradiso. Dunque chiediamo ad Allah l’altissimo di colmare i nostri cuori di misericordia e indulgenza verso i peccatori e di far sì che possiamo essere la loro guida”. Inizia così il sermone settimanale – khutba – alla grande moschea di Roma, pronunciato dall’imam Muhammad Hassan. E’ un discorso che non deve necessariamente avere carattere religioso, come spiegano i fedeli, ma può toccare anche temi che riguardano l’etica o la comunità.
Il rito della preghiera del venerdì è un appuntamento fisso per tantissimi musulmani di Roma che si recano al centro islamico anche per tenere vivi i rapporti con la propria comunità e per socializzare. “Qui vengono a pregare musulmani di 25 nazionalità diverse, tutti insieme ad ascoltare le parole di Allah. Ci sono anche molti italiani convertiti all’islam che conoscono il corano anche meglio dei musulmani” dichiara il guardiano. E’ un uomo gentile ma molto attento che nessuno venga a disturbare questo momento sacro con domande indiscrete o comportamenti fuori luogo.
Superato il cancello, una scalinata conduce a un lungo corridoio di colonne a calice che, a sua volta, porta all’ingresso principale della moschea. Oltrepassata la soglia, ai lati, due grandi scalinate conducono a due soppalchi: come nelle antiche basiliche cristiane, nelle moschee le donne pregano in spazi separati – matronei. Nessun dipinto nella sala: l’islam proibisce la riproduzione di immagini sacre, ma sui muri in alto scritte calligrafiche in arabo rappresentano parole del corano. La grande sala di preghiera è illuminata soltanto da una leggera luce che filtra dalle fessure sul soffitto ed è la condizione ideale per il raccoglimento e la spiritualità. Una volta terminato il discorso l’imam inizia a recitare il corano. La preghiera non dura più di quindici minuti ma l’intensità dei volti e dei gesti dei fedeli custodiscono tutta la forza e l’energia di questa religione.
Terminato il rito, la maggior parte dei fedeli si reca al coloratissimo mercato situato fuori dai cancelli. “E’ un usanza comune mangiare insieme dopo la preghiera.”, racconta Malika’ che da 15 anni ha il suo banco di prodotti alimentari. Tra il cous cous e la baklava, i libri di preghiera e gli scialli colorati, la giornata del venerdì si conclude con un viaggio sensoriale che riporta la mente e il cuore dei fedeli nei luoghi lasciati ma mai dimenticati.
Aleksandra Mirkovic(24 marzo 2015)
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