Jonis Bascir, attore – – Foto Rino BianchiI figli dei paesi colonizzati dall’Italia conquistano Roma, grazie alla fotografia. Ragazzi etiopi, eritrei e somali, immortalati davanti a quei luoghi simbolo della colonizzazione italiana, di cui oggi non sappiamo nulla. Chi sa per esempio che la sede della FAO era, anni fa, il ministero delle colonie? Che la società geografica italiana giocò un ruolo fondamentale per fornire le carte dei territori delle conquiste italiane? E chi sono i 500 che danno il nome alla Piazza dei Cinquecento, davanti alla stazione Termini, se non i soldati italiani che morirono a Dogali, nel 1887, in una delle più sonore sconfitte – con Adua – dell’Italia colonizzatrice. In quei luoghi sparsi nella capitale si collocano i volti dei ragazzi, i loro corpi che a volte sembrano statue, come quelle importate dall’Africa. Sono le foto del progetto editoriale “Paesaggi della memoria“.La narrazione attraverso le parole è di Igiaba Scego, giornalista e scrittrice, quella con le immagini è di Rino Bianchi, fotogiornalista e fotografo. Foto e libro sono stati presentati alla biblioteca Villa Leopardi il 9 aprile.Quei volti ridanno profondità e narrazione a dei luoghi ricchi di storia. Di una storia che, come gli autori hanno ricordato alla presentazione in biblioteca, “è una delle pagine più dimenticate dai libri di scuola, insieme all’emigrazione”. “Le due grandi rimozioni” così le hanno definite gli autori.Il libro Roma negata è parte del progetto Paesaggi della memoria. E’ la narrazione dei luoghi di Roma legati all’avventura coloniale italiana, avventura iniziata nella seconda metà del 1800 durante i governi della sinistra liberale. I ritratti fotografici invece sono ambientati nei luoghi del colonialismo, luoghi che anche solo toponomasticamente ricollegano all’epoca delle colonie. Una sorta di riappropriazione da parte dei figli dei colonizzati.
Foto di Rino Bianchi
Stazione Termini – Foto Rino Bianchi
Società geografica italiana – Foto Rino Bianchi
L’idea è nata il 3 ottobre del 2013. In Italia si è consumata, in quel giorno, la più grande tragedia in mare dei migranti: 366 eritrei morti a largo di Lampedusa. Igiaba Scego “quegli uomini, quelle donne scappavano dalla dittatura. Avremmo dovuto vederli e sentirli come fratelli, più vicini a noi, visto il nostro passato di colonialismo nel loro paese. Ma non abbiamo dato loro nemmeno un degno funerale” per questo continua Igiaba Scego “abbiamo deciso di restituire dignità a loro, grazie a questo progetto”. Nelle foto ci sono molti spaccati della migrazione nel nostro paese: un attore, un regista, chi lavora per un giornale, rifugiati politici. Addirittura un candidato al Premio Nobel per la pace 2015 Padre Mussie Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia Habeshia. Ventiquattro foto intese, come quella della ragazza che getta lo sguardo al di là di un’ inferriata, e l’idea va ad un centro di identificazione ed espulsione (CIE).Quello stesso mezzo di comunicazione – la fotografia – che fu di aiuto al colonialismo, mostrando la potenza della nazione e rappresentando i colonizzati come straccioni, quindi bisognosi di aiuto, riafferma una pagina negata, una Roma negata, perchè non vista, non conosciuta.
Fabio Bellumore(16 aprile 2015)
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