Sono 369 i migranti salvati dalle acque del Mediterraneo domenica 3 maggio alla ripresa delle attività del MOAS (Migrant Offshore Aid Station) questa volta in collaborazione con Medici senza Frontiere. Il salvataggio è avvenuto nell’ambito della missione di ricerca, soccorso e assistenza medica nel Mediterraneo che durerà sei mesi. Le due ONG partite da Malta sabato mattina con la motonave Phoenix sono entrate immediatamente in azione portando in salvo i primi 369 migranti e assistendo un’altra nave nel salvataggio di altre 104 persone. Medici senza Frontiere è entrata in contatto con MOAS “dopo che l’anno scorso avevamo salvato, in soli due mesi, quasi 3000 migranti dalle acque del mar Mediterraneo”, spiega Regina Catrambone che con il marito Christopher ha dato vita a MOAS, una ONG composta da professionisti in aiuti umanitari, sicurezza, medici, ufficiali di marina esperti, uniti nel prevenire catastrofi di migranti nel mar Mediterraneo.
“L’esperienza dell’anno scorso ci ha consentito di migliorare ulteriormente il nostro intervento: con i droni individuiamo le barche con i migranti, quest’anno siamo riusciti a fare un accordo che, a differenza che in passato, ci consente di lanciare i droni anche nello spazio aereo libico. Individuato il barcone o il gommone inviamo le immagini al centro di coordinamento di Roma e attendiamo le direttive. Abbiamo attuato anche piccoli accorgimenti che velocizzano i tempi di intervento, ad esempio posizionando più in basso sulla Phoenix i gommoni che caliamo in acqua. Una volta in mare ci avviciniamo al natante, distribuiamo giubbetti di salvataggio e acqua, calmiamo le persone, poi dieci alla volta li portiamo sulla Phoenix o su altre imbarcazioni sopraggiunte. Salire sulle navi che li porteranno in salvo spesso è un’ulteriore difficoltà per i migranti, stremati dal viaggio, devono arrampicarsi su imbarcazioni con bordi alti anche decine di metri. Sulla Phoenix vengono visitati, quest’anno da due medici e un’infermiera di Medici Senza Frontiere che dispongono di competenza e attrezzature per affrontare trattamenti medici che vanno dalla disidratazione, alla rianimazione, all’intervento su ustioni, malattie croniche, all’ostetricia. I migranti non sono mai numerati, come accade in altre situazioni per semplificarne l’identificazione, per me è un’operazione terribile, mi richiama alla mente i campi di concentramento”, continua Regina Catrambone.
“A bordo vengono divisi per nazionalità, domenica abbiamo soccorso in prevalenza eritrei, i più deboli sono sistemati vicino alle sale dei medici, i più forti sul ponte dei droni. Distribuiamo vestiti, quelli con i quali hanno viaggiato sono in condizioni tragiche, perché ovviamente non hanno avuto possibilità di utilizzare bagni nel corso della traversata. Molti di loro non avevano mai visto il mare e ne hanno bevuto l’acqua, senza sapere che è salata. Anche domenica fra i 369 migranti c’erano tantissimi bambini, 45, per alcuni di loro la giovane età è una protezione, vivono il viaggio come un’avventura, ma per la maggioranza è una tragedia, alcuni arrivano collassati e vorrei anche sfatare un luogo comune: è difficile che ci siano minori non accompagnati, se arrivano da soli è perché i genitori sono morti nel viaggio o nella traversata”.
La scelta di intervenire nel Mediterraneo prende il via per i Catambrone da un cappotto invernale che galleggia nelle acque fra Pantelleria e Lampedusa e incrocia la barca da crociera dove Regina stava trascorrendo una vacanza nell’estate del 2013. “E’ stato così che abbiamo deciso di seguire il suggerimento di papa Francesco usate i vostri talenti. La nostra azienda, Tangiers Group, offre servizi di emergenza, medici, informazioni, assicurazioni per clienti che operano nel mondo, in scenari soggetti a rischi complessi. Non abbiamo improvvisato competenze, sapevamo come muoverci in casi di emergenza, come fare rete in situazioni di disagio, lo facevamo da anni sulla terra, si trattava di utilizzare le nostre professionalità e quelle delle persone di valore che già operavano con noi per salvare più vite possibile nel mar Mediterraneo, non potevamo ignorare le richieste di aiuto dell’Italia. Tutto questo ovviamente ha dei costi: la M.Y.Phoenix, i droni, il personale, ecc, abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi partendo da altri business men come noi, li abbiamo sensibilizzati in diverse paesi del mondo. I contributi maggiori li abbiamo ottenuti in Germania, seguita dall’Italia, ma la strada è ancora lunga. Abbiamo deciso di partire ugualmente per questa nuova missione di ricerca, soccorso e assistenza medica nel Mediterraneo in collaborazione con Medici senza Frontiere e le autorità italiane e maltesi. La Ue per ora ha scelto di triplicare i finanziamenti a Triton che ha il compito di controllare le frontiere marittime, ma sarebbe importante stanziare fondi per missioni di ricerca e soccorso, come l’italiana Mare Nostrum, che sono in grado di salvare le vite dei troppi disperati che partono dalle sponde del Mar Mediterraneo”.
Nicoletta del Pesco
(4 maggio 2015)
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