La regista teatrale di origine albanese Valbona Xibri sarà presente a Roma con la performance teatrale Burrnesha, racconta le vergini giurate albanesi, al festival teatROmania_emersioni sceniche che si terrà dal 26 al 28 giugno.
Chi è Valbona Xibri?
Sono una regista teatrale di origine albanese, laureata all’Accademia di Belle Arti di Tirana. Mi occupo di regia ma anche di laboratori teatrali con persone di diversa provenienza, sia dal punto di vista culturale che sociale. Lavoro con rifugiati, detenuti, immigrati, nelle scuole con maggioranza di alunni stranieri, nei centri diurni e nelle comunità.
Perche è partita dall’Albania e cosa l’ha spinta a scegliere l’Italia?
In Italia sono arrivata spinta dal desiderio e la “necessità” di conoscere il teatro europeo. Mi spiego: la scuola che ho seguito è ottima, ancora oggi, ma avevo bisogno di fare altre esperienze, di vedere altri modi di fare teatro, di crescere. L’Italia era talmente vicina che la scelta era quasi ovvia ma non solo per la vicinanza geografica; anche per il fatto che in Italia viveva Giorgio Strehler che è stato uno dei miei maestri.
L’Italia e l’Albania sono paesi con culture diverse. Ancora oggi ci sono dei pregiudizi sugli albanesi, lei come è riuscita ad integrarsi?
Devo dire che il periodo in cui sono arrivata non era dei migliori. Nel senso che non esisteva una buona opinione nei confronti degli albanesi nei primi anni’90. In quel periodo erano gli albanesi a fare la parte del capro espiatorio, ruolo prima attribuito ai marocchini e dopo a qualche altra comunità. Penso tuttavia che in buona parte degli italiani ci sia la volontà e la capacità di non fare di tutta l’erba un fascio. Ho incontrato persone splendide che mi hanno apprezzata per ciò che sono indipendentemente dai pregiudizi. Lo scontro con il razzismo, in tutte le sue forme, lo considero comunque un’esperienza importante che ho cercato di rendere utile. Le frasi del genere “io odio gli albanesi ma tu sei diversa” oppure “non sembri neanche albanese” le ho elaborate in scena in qualche occasione.
Come è nata l’idea di raccontare Burrnesha, la storia delle vergini giurate?
Nel 2013 mi trovavo a Madrid. Partecipavo ad “A solas”, un Festival organizzato da Magdalena Project e mentre guardavo spettacoli ideati e interpretati da donne ho pensato; dovrei raccontare una donna albanese, una donna speciale. Ma quale? La scelta è caduta sulle “Burrnesha”. Tutto il resto è lavoro. Faticoso.
È stato difficile scegliere l’attrice? Ci vogliono caratteristiche particolari per interpretare il ruolo?
Nel mio caso no. Sapevo già di voler Maria Stefanache (che conoscevo) in questo ruolo. Non servivano particolari doti. Ci voleva però un’attrice brava, generosa, che sa donarsi in scena, e che amasse il personaggio. Credo di averglielo fatto amare.
Maria è rumena, la storia è albanese ma raccontata in italiano. Come si fa a mettere tutto insieme?
Il teatro non ha confini. Non mi sono neanche posto il problema.
Che aspettative avete dalla performance teatrale?
Nelle mie condizioni non conviene avere aspettative. Io sono un’artista indipendente. Metto in piedi dei progetti solo se ho qualcosa da dire, senza una struttura alle spalle e quindi considero un successo anche solo l’essere riuscita a concludere il lavoro. Tanti progetti restano a metà strada. Ovviamente ci terrei portarlo in giro. Ah ecco, vorrei tanto anche che il pubblico si affezionasse a questo personaggio!
So che “Burrnesha” è stato a New York. Com’è stato?
Emozionante. Il pubblico newyorchese è molto curioso e sincero. Ho percepito l’eccitazione, la sorpresa nello scoprire la storia delle vergini giurate e ne ho goduto del genuino applauso.
Vorrebbe ringraziare qualcuno?
L’Odin Teatret. Hanno creduto in me. Mi hanno dato la possibilità di concludere il lavoro e debuttare presso il loro centro (nel gennaio ’15). é stata un’esperienza a dir poco incredibile. Sia dal punto di vista artistico che umano.
Alina Barbulescu
(17 giugno 2015)
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