Si avvia alla conclusione la 17° edizione del Mundialido, torneo di calcio dedicato alle squadre migranti di Roma. Sabato 4 luglio alle 19 presso il centro sportivo Cotral, in via della Vasca Navale 100, si disputerà la finalissima tra Capo Verde e Ucraina.
Nell’attesa continuiamo a raccontarvi le emozioni e lo sport, attraverso il punto di vista di un fotografo che ha seguito per noi la manifestazione portando con sé i propri bambini… e ha avuto una bella sorpresa.
Oggi ci sono i quarti di finale. Ecuador e Ucraina e poi Marocco e Sierra Leone.
Vengono con me anche i miei figli. Sbuffano un po’, non vogliono rimanere; non sanno che fare mentre io sto lì a fotografare. Dico loro di portare il pallone, magari trovano un angolino dove giocare, chissà, trovare dei compagni di gioco. Sbuffano ancora.
Inizia la partita, devo lasciarli. Eugenio, storico infaticabile organizzatore dell’evento sportivo, mi dice che i figli possono rimanere a giocare a pallone al campetto adiacente al campo centrale.
Foto d’inizio. Inni nazionali dell’Ecuador e dell’Ucraina. I giocatori si abbracciano prima della sfida e poi ecco il fischio di apertura. Dagli spalti l’incitamento alle squadre. Mi piace ascoltarli, alternano la lingua madre del paese di provenienza all’italiano, talvolta stentato, metafora delle difficoltà di un cambiamento spesso necessità più che scelta.
È partita vera, intensa, vissuta. E proprio nei primi minuti di gioco, con un’azione travolgente sulla sinistra, l’Ecuador segna. Festa sugli spalti. I giocatori dell’Ucraina rimangono ammutoliti. È un colpo a freddo, inaspettato.
Cerco con lo sguardo i miei figli, per festeggiare il gesto sportivo. Ed eccoli lì, nel campetto che giocano con altri ragazzi, in tutto saranno sei o sette. Mi avvicino. Sono presi anche loro da una partita, solo che qui non ci sono due squadre che si confrontano distinte per paese di provenienza; sono tutti insieme, mischiati. Bambini del Marocco, dell’Ecuador, del Perù, dell’Ucraina. Ci sono anche due ragazze, una è mia figlia e un’altra credo sia dell’Ecuador che giocano insieme ai maschi, e neanche male a dire il vero! Ma la vera rivelazione è un bambino che avrà sì e no 5 anni, dell’Ecuador, un vero talento. Mi avvicino e scatto qualche foto, ma devo scappare: l’incontro sul campo centrale è ripreso.
La partita è entusiasmante e le due squadre sono ben messe in campo: è un confronto vero. L’Ucraina pian piano prende le misure all’Ecuador, e il match si vivacizza: pareggio e poi sorpasso. Ora siamo due a uno per l’Ucraina.
Torno dai miei figli. Anche lì non si scherza. Si sono ben organizzati. Cambio portiere, sostituzioni; dall’espressione dei loro volti mi sembra proprio che si stiano divertendo. Arrivano altri bambini e premono per entrare in campo anche loro.
Nel frattempo l’Ucraina, malgrado la splendida partita dell’Ecuador, prende il sopravvento. Arriva il terzo goal e poi il quarto. Finisce quattro a uno per l’Ucraina. Partita veramente bella e leale. I giocatori dopo il fischio finale dell’arbitro si abbracciano sportivamente, e sugli spalti si festeggia.
I giocatori mi fermano per sapere quando potranno trovare e foto sul sito di Piuculture. Ci tengono a far conoscere questa loro partecipazione sportiva al Mundialido.
Ora però devo tornare dai miei figli, è ora di andare a casa. Li trovo ancora lì, immersi nel loro confronto e allora mi rendo conto che anche per questi bambini si sta giocando il Mundialido. Tutti insieme, senza alcuna suddivisione in squadre distinte per nazione, hanno trovato da soli le loro regole.
Mentre li seguo con lo sguardo, capisco che quello che sto osservando è il futuro che si è fatto strada. I bambini sono avanti, come sempre, sono loro che spesso ci indicano la direzione. Non esistono ostacoli e pregiudizi; quella è roba da grandi. Continuano ad arrivare altri bambini e tutti vogliono giocare.
E i miei figli sono gioiosi e non vogliono proprio andar via, di andare a casa non se ne parla proprio. Ora sono lì con i loro nuovi amici.
Giuseppe Marsoner
(2 luglio 2015)
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