Migranti di seconda generazione: Tahar Ben Jelloun, scrittore marocchino, li definisce génération involontarie – generazione involontaria – e aggiunge: “Una generazione destinata a incassare i colpi. Questi giovani non sono immigrati nella società, lo sono nella vita… Essi sono lì senza averlo voluto, senza aver nulla deciso e devono adattarsi alla situazione in cui i genitori sono logorati dal lavoro e dall’esilio”.
Una definizione che rispecchia perfettamente la vita di Violeta, nata nella Repubblica Moldova e arrivata in Italia a tredici anni, grazie al ricongiungimento familiare. “Ho vissuto per qualche anno con i nonni mentre i miei genitori si orientavano e cercavano lavoro in Italia” racconta “mi sentivo abbandonata e impotente ma mai avrei voluto trasferirmi”.
Il sentimento dell’abbandono si sostituisce ben presto a quello dello spaesamento e della lacerazione identitaria – un elemento che ancora oggi, dopo dieci anni, fa parte della vita di Violeta. “Mi definisco un ibrido” aggiunge Violeta, “l’Italia è forse uno dei paesi più belli e accoglienti ma io non ho ancora trovato il mio posto nel mondo, mi sento perennemente sospesa e divisa tra due culture, così diverse tra loro”.In realtà le culture tra cui si divide sono effettivamente tre. Durante l’adolescenza Violeta cerca di riavvicinarsi al suo paese d’origine e grazie alla zia, la sua “guida spirituale”, entra a far parte dell’associazione culturale Dacia: danze tradizionali, lettura di libri, eventi e folklore generale riavvicinano Violeta alla cultura romena. “In realtà la Repubblica Moldova è un’invenzione di Stalin” spiega “un esperimento andato a buon fine; tutto ciò che caratterizza oggi la cultura moldava è fittizio, dalla lingua – un misto di romeno e russo – alle tradizioni, alla letteratura. La mia vera cultura d’origine è quella romena”.
Violeta è studentessa di mediazione linguistica e interculturale e attualmente collabora con LSRS – Liga degli studenti romeni fuori dai confini nazionali – come primo consigliere relazioni interne.Il suo impegno e la sua partecipazione all’interno della comunità moldava oggi sono più forti che mai. “I miei genitori non sono molto contenti del percorso che sto intraprendendo; loro sono integrati perfettamente nella società italiana e stanno bene così, senza farsi ulteriori domande e questa cosa mi fa arrabbiare. Non si possono cancellare così le proprie origini, è quello che siamo, ovunque andremo.”.Il sogno di Violeta è di tornare, un giorno, in Moldova: “ C’è ancora tanta corruzione e tante convinzioni sbagliate in quel paese, vorrei fare qualcosa per migliorarlo. Forse non servirà a niente, forse sarò soltanto un granello di sabbia in mezzo al deserto ma voglio provarci”.
Aleksandra Mirkovic
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