Trovare il Centro Pedro Arrupe può a primo impatto risultare difficile, soprattutto per chi arriva a piedi, o per la prima volta. Nascosto all’ombra dei pini, in realtà si vede già da lontano. Un edificio colorato che non si distingue dagli altri che lo circondano, il cui cortile accogliente dove tra i suoi abitanti si trovano anche quelli più piccoli.
Uno dei centri SPRAR gestiti dal Centro Astalli che oggi accoglie una decina di famiglie per un totale di quaranta persone. Rifugiati siriani, senegalesi, afgani, ivoriani, ucraini. Persone diverse tra di loro, unite dallo stesso obiettivo: ricominciare e riprendere il controllo della propria vita.
All’ora del pranzo, o a quella di cena, il centro si riempie dei profumi di tutto il mondo. Qui le famiglie si preparano i pasti da sole nella cucina comune al secondo piano. Una cosa normale, dite, ma per loro, per cui casa è per adesso un centro di accoglienza, è una normalità essenziale. La famiglia siriana oggi pranza con uno dei loro piatti tipici: Mulukhiyi con il pollo e il riso. „Assomiglia ai vosti spinaci, ti piace?,“ chiede la madre cercando di riempire il piatto un’altra volta.
C’è sempre qualcuno seduto all’entrata, che saluta da lontano non solo le faccie conosciute, ma anche gli sconosciuti che entrano per la prima volta. “Ma quando arriva la nuova famiglia?,” chiede Aalia, la tredicenne siriana che gira sempre con il suo telefonino in mano. Se volete, vi fa sentire le sue canzoni preferite, quelle arabe, legate alla terra che, come si capisce facilemente dai suoi racconti, le manca tanto. Questi giorni nell’aria si sente un nuovo arrivo e tra i più piccoli si moltiplicano le domande. Di dove saranno? Quanti bambini arriveranno e di che età? Vorranno giocare con noi?
I bambini del centro sono come tutti gli altri. Curiosi, instancabili, spesso rumorosi. Ai bambini del centro Arrupe piace disegnare gli arcobaleni e adorano i Minions. Farebbero di tutto per poter vedere altri film, con i loro personaggi preferiti. Da quando è cominciata la scuola, durante il giorno i corridoi del centro si svuotano. Si torna al regime severo: niente film quando ci pare, ma si seguono le lezioni e poi tutti a fare i compiti. Mentre altri bambini un pò si lamentano dei doveri scolastici, Edy, un ragazzino senegalese, ha un atteggiamento diverso. A lui i compiti piaceva farli anche durante l’estate e anche quando stava poco bene.-“Edy, visto che ti fa male il dente, oggi possiamo saltare i compiti, o fare meno pagine, che dici?”-“No,” risponde con la faccia serissima, “facciamo tutte le pagine, come ogni giorno.”
Petra Barteková
(23 settembre)
(Per i motivi di privacy i nomi dei bambini sono stati cambiati.)