Il 18 febbraio si è tenuto, presso il CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, il focus integrazione “Associazionismo Migrante” patrocinato dall’EMN, European Migration Network, dal CNR e dal Ministero dell’Interno. Lo spirito dell’incontro, espresso da Eugenia Cadeddu del CNR, è rappresentato dal personaggio che dà il nome alla sala in cui il convegno ha avuto luogo: Guglielmo Marconi “scienziato non solo teorico ma anche grande sperimentatore”, rappresentativo del tema delle migrazioni poiché queste non possono e non devono essere oggetto di sole ricerche teoriche ma richiedono, per avere una visone il più ampia possibile del fenomeno, una compartecipazione di ricercatori, di chi gestisce l’immigrazione e di chi la vive in prima persona: i migranti.
Se da una parte l’associazionismo migrante rappresenta, secondo Bordi del Ministero dell’Interno, una “risposta positiva alla solitudine del migrante”, poiché costituisce una prima certezza dettata da una comunità di intenti; dall’altra Leone sempre del Ministero dell’Interno ne evidenzia i rischi per la creazione di enclave che possono compromettere il processo d’integrazione, inoltre la mediazione svolta dalle associazioni tra stranieri e istituzioni potrebbe trasformarsi in un deterrente per gli immigrati a impegnarsi in un rapporto diretto. La tematica è stata poi affrontata sotto l’aspetto statistico attraverso una mappatura “vivente”, come l’ha definita Di Sciullo, IDOS, poiché l’associazionismo è soggetto a grandi fluttuazioni in merito ad aperture e chiusure e per questo necessita di un continuo aggiornamento.Emerge una realtà fatta di associazioni relativamente piccole e giovani, la cui breve vita media dipende dalla scarsità di fondi disponibili, fattore che le accomuna e le mette in competizione con le associazioni locali in una sorta, come la definisce Bracialenti , Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, di “tiro alla fune”.Quello dell’associazionismo migrante è, secondo Ceschi del CeSPI, un “fenomeno multifunzionale” i cui intenti sono incentrati sulla mediazione culturale in tutte le sue declinazioni: dall’interazione con la società ospitante anche a livello lavorativo e di tutela legale, alla solidarietà con la comunità di provenienza alle campagne contro la discriminazioni.
Di contro queste associazioni sono caratterizzate da un’operatività circoscritta poiché sono chiamate a rispondere alle esigenze di una solidarietà immediata e a lavorare sull’emergenza che non riguarda solo gli sbarchi ma anche la scadenza del permesso di soggiorno e la richiesta di cittadinanza, ritenuta da Bueno dell’Associazione Lavoratori Stranieri in Italia, “un riconoscimento irrinunciabile” per sentirsi integrati nella società di accoglienza. Fra le associazioni intervenute l’AIFCM, Associazione Italiana Famiglie e Coppie Miste, opera nella convinzione che le unioni interculturali costituiscano il “barometro sociale per misurare il livello di inclusione degli immigrati” in quanto laboratorio spontaneo dove agisce concretamente e quotidianamente l’interazione e l’inclusione trasformando le differenze da vincoli in risorse e superando problematiche identitarie e psicologiche imposte dalla società, che guarda ancora con diffidenza e cautela alle realtà ibride in essa presenti.
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