Dearna, la cittadinanza e i tanti ragazzi coi puntini di sospensione

Dearna a Berlino e il permesso di soggiorno
Dearna in Germania e il permesso di soggiorno
Il momento immortalato è uno di quelli che non scordi. In viaggio verso Monaco di Baviera, lo scorso anno. Dearna ventinovenne di origini albanese, in Italia dal 2000, in macchina col suo ragazzo festeggia. Il pericolo è alle spalle, come le paure di dover lasciare l’Italia. Quello che ha in mano Dearna è la prova tangibile del rinnovo del suo permesso di soggiorno. E per festeggiare si sono regalati il viaggio in Germania. Prima di questo selfie però c’era stato un lungo sfogo tramite Facebook, lo stesso spazio che oggi annuncia dal suo profilo una nuova tappa sul cammino verso la cittadinanza. Un cammino segnato dall’incertezza, che accomuna sia chi come lei è arrivato in Italia da adolescente o chi in Italia ci nasce, da genitori immigrati. É infatti di questi giorni l’ultima audizione per una legge sulla cittadinanza.“Sono nata in Albania da genitori entrambi albanesi – racconta Dearna – veniamo dal centro del Paese. Elbasan si chiama la città, anche se mia mamma è originaria di Durazzo. I miei genitori hanno deciso di trasferirsi all’estero per migliorare il tenore di vita della nostra famiglia. Hanno scelto l’Italia in quanto i miei zii risiedevano già qui e ci hanno aiutato con la casa il lavoro e non solo”.“Sono venuta qui nel 2000 all’età di tredici anni. Ho fatto la domanda per la cittadinanza  – motivazione almeno dieci anni di residenza – e solo oggi (ieri per chi legge) ho una bella sorpresa”. Prima di raccontarla però facciamo qualche passo indietro. “L’anno scorso – continua Dearna – dopo quasi 15 anni che vivevo qui, mi hanno rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno in quanto non avevo portato alcuni documenti che mancavano. Non lo avevo fatto perché non avevo ricevuto al mio indirizzo di residenza la comunicazione cartacea della questura. Quando mi sono recata in questura, convinta che il permesso fosse pronto, mi hanno solo dato un foglio che notificava il rigetto e mi dava due possibilità: o tornare in Albania oppure fare ricorso”.  Nel frattempo Dearna si era laureata da poco e lavorava, ma essendo considerata irregolare non poteva continuare a farlo. Il rischio era forte, la paura di finire in un Centro di Identificazione ed Espulsione era devastante. Dearna, allerta la sua rete, inveisce tramite Facebook, e riceve solidarietà da amici ed colleghi. Si attiva una rete di consigli. “Ho ovviamente deciso per la seconda opzione ed è grazie al ricorso che ho avuto il permesso per un altro anno”. Ed è volata a Monaco per festeggiare.“Questo evento mi ha segnato molto però perché mi ha fatto capire, nella pratica, l’instabilità della mia situazione. La stessa di tante altre persone come me. Non è semplice sentirsi parte di un Paese ma non esserlo mai per davvero. Quella situazione rischiava di mettere in stand by la mia vita. Ero costretta a trasferirmi nel mio Paese di origine, che amo profondamente e dove non mi sento assolutamente un’estranea ma dove non c’era la mia famiglia, il mio lavoro…la mia vita in poche parole”.Oggi quella situazione è sanata. A dicembre dell’anno 2014 Dearna aveva fatto la domanda per la cittadinanza e proprio in questi giorni le è arrivata la notizia che le è stata concessa. In un messaggio mi scrive “non ci crederai, ma proprio oggi mi hanno chiamato per dirmi che il decreto è arrivato. Fra un po’ di giorni dovrò presentarmi in prefettura per le formalità”. Continua “sono la persona più felice del mondo. Questo per me significa davvero tanto, significa diventare finalmente cittadina di questo paese. Ed è una cosa che io prendo davvero sul serio. Per me è un onore poter finalmente essere cittadina italiana perché significa poter accedere a tante opportunità che prima mi erano negate e avere tante preoccupazioni in meno. Ma soprattutto significa non sentirsi più un’estranea, significa avere finalmente una voce, poter votare, significa potersi far ascoltare. Penso che solo chi ha vissuto l’esperienza dell’immigrazione può capire quello che dico”. C’è una data. Quella in cui andrà in prefettura a prestare giuramento. Ma c’è anche un post di tenore opposto a quello dello scorso anno. Alle 23.41 del 5 aprile Dearna scrive “Ci sono notizie che vanno condivise…Chi mi conosce sa quante opportunità negate in questi anni” e poi “ so che per molti di voi è un gesto senza importanza o troppo sottovalutato andare a votare. Invece per me ha molta importanza. Ho lottato giorno per giorno”.Dearna la sua battaglia l’ha vinta, ma nel mondo di coloro che hanno nei puntini di sospensione la loro cittadinanza – Il mio Paese è… – si continua a lottare. Non si era mai arrivati così vicini. La proposta di legge di iniziative popolare di riforma della cittadinanza prevede l’introduzione dello ius soli, sia pure in forma temperata (il diritto viene attribuito nel caso uno dei genitori abbia da almeno un anno il permesso di soggiorno) e un iter particolare per i minorenni di origine straniera arrivati da piccoli in Italia.Anche nell’ultima audizione tenutatisi in Commissione Affari Costituzionale la scorsa settimana serpeggiava la speranza di arrivare presto ad una legge, già approvata in un ramo del Parlamento, la Camera. La relatrice, senatrice Doris Lo Moro, conferma le sue sensazioni positive. Le organizzazioni audite – dichiara Isaac Tesfaye referente della Rete G2 – vedono punti critici, ma ribadiscono “la priorità è approvare il prima possibile”. Sui tempi garanzie non ne sono state date. “Dobbiamo puntare a cancellare una legge anacronistica – primi anni 90 – in un’Italia che è completamente diversa” ricorda Isaac. La Rete G2, nata da dieci anni, è costretta a ripete gli stessi appelli da sempre. Se presto sarà messa la parola fine su questa legge racconteremo un’altra bella storia, 1 milione di belle storie – tante quanti i figli di immigrati che ne beneficeranno – come quella di Dearna. Come lei potremo dire che “ora che questo giorno è arrivato è anche più bello di come lo immaginavo”. Questo è l’augurio per tutti i ragazzi che dopo la loro frase “il mio paese oggi è” hanno ancora i puntini di sospensione.
Fabio Bellumore
(06 aprile 2016)