Coperti da un telo bianco, come dei simbolici fantasmi, hanno ballato, suonato e cantato mostrando all’Italia il loro desiderio e diritto di essere riconosciuti come italiani. Sono gli #Italianisenzacittadinanza, figli di cittadini stranieri, nati e/o cresciuti in Italia ma senza essere giuridicamente italiani.
Ad un anno esatto da quando la Camera dava il via libera alla riforma sulla cittadinanza che consente ai figli di immigrati nati o cresciuti qui di diventare cittadini italiani, la riforma ancora ferma e gravata dal peso di oltre settemila emendamenti per lo più della Lega Nord apertamente contraria.
Per dare una smossa al Senato, i cittadini fantasma, sostenuti dalla campagna L’Italia sono anch’io, si sono riuniti a Roma in piazza del Pantheon e contemporaneamente nel resto d’Italia. “Siamo italiani, ma non di fatto” dicono ai giornalisti che li intervistano tra lo stupore e la curiosità dei turisti.
Un piccolo passo avanti è stato fatto lo scorso 16 febbraio con la pubblicazione del DDL 1871 sullo ius soli sportivo, che riconosce ai minori stranieri di età inferiore ai 10 anni il diritto di essere tesserati nelle associazioni sportive con le stesse procedure degli italiani. Ma non è sufficiente: sono oltre un milione i figli di migranti che sono nati qui, frequentano scuole, università, ma restano giuridicamente stranieri. I requisiti per acquisire la cittadinanza sono tanti e troppo complicati e coinvolgono tante variabili, dall’autosufficienza economica all’integrità della fedina penale.
D’altronde la legge parla chiaro: chi è nato in Italia, a 18 anni ha un anno di tempo per diventare cittadino italiano. Chi è arrivato da piccolo può diventare italiano da minorenne solo se uno dei genitori ottiene la cittadinanza. Per diventare italiani a 18 anni ne servono dieci di residenza legale il rispetto dei requisiti di reddito.La riforma consentirebbe a chi nasce in Italia di ottenere la cittadinanza anche se un genitore ha il permesso di soggiorno di lunga periodo, ha frequentato la scuola per almeno 5 anni o ha risieduto in Italia da almeno 6. Eppure siamo ancora lontani dalle leggi degli altri paesi che consentono a chi è nato nel paese in cui il genitore è emigrato di acquisire la cittadinanza per diritto di nascita.
Resta aperta la domanda dei ragazzi in piazza: “quanto tempo dovremmo ancora aspettare prima di essere riconosciuti agli occhi della legge come italiani?”
Edaordo Russi
(18 ottobre 2016)
Guarda la gallery – foto di Edoardo Russi e Giuseppe Marsoner