Quando gli chiedi qual è il film nel quale si identifica di più, Ghiath Rammo, giurato per Piuculture del Med Film Festival, sorride e risponde con una sicurezza disarmante “Nuovo cinema paradiso. L’ho visto in Siria, all’università, quando facevo i corsi di lingua italiana.” Sembra strano che un archeologo curdo, arrivato dalla Siria in Italia nel settembre del 2012, si riconosca nella storia di un piccolo paese del sud Italia. “Mi piacciono i film in cui viene raccontata una rivoluzione sociale piccola o grande che sia, in cui si vede una ribellione, nella società, nella famiglia, un cambiamento. E in questo film attraverso il cinema si cambiano le cose, si scopre il mondo“. E’ questo in fondo il grande potere della settima arte: raccontare storie in grado di essere comprese, capite e amate da chiunque, in qualunque luogo e in qualunque tempo.
La vita di Ghiath non ha nulla da invidiare al capolavoro di Tornatore. Ha deciso di venire in Italia per amore: durante gli scavi della Missione archeologica italiana ha conosciuto sua moglie e insieme sono partiti, Turchia, Libano e infine l’Italia. Fino ai 28 anni, come è accaduto per molti altri curdi siriani, è stato apolide: “Essere senza cittadinanza è una cosa che ho sentito sulla mia pelle. Non ho mai pensato che il territorio coincidesse con la cittadinanza, ma comunque mi sentivo a volte senza identità: non è facile identificarti senza avere la cittadinanza di un Paese. Quello che volevo era costruirmi un’identità culturale: l’identità curda non è così facile, mentre quella siriana, beh io mi sentivo siriano, ma lo stato non mi dava il riconoscimento burocratico. Senza identità ti senti isolato”. Dopo aver ottenuto nel 2011 la cittadinanza siriana è potuto partire. Il primo giorno in cui è arrivato in Italia ha pensato che fosse una realtà completamente diversa: “Ho guardato la gente e mi sono detto: sì è tutto nuovo e diverso, ma sono sicuro che sarà facile integrarsi“. E così è stato per Ghiath che ora lavora in un’agenzia di web marketing e che ha fondato un’associazione culturale, l’Asino d’oro, che si occupa tra l’altro di organizzare visite guidate a Roma, in lingua araba.
Quando gli chiedi che cosa gli manca del suo Paese, si ferma per qualche secondo, e poi ti risponde: “Camminare: passeggiare per la tua città ti riporta sempre indietro con la memoria, ti fa ricordare il passato. La città vecchia di Aleppo…il paese in cui sono nato. Mi manca svegliarmi d’estate, la mattina, con la gente che si alza all’alba per lavorare in campagna; i campi di grano gialli e verdi e c’è un’ aria fresca diversa da quella del giorno, dormire all’aperto perchè in Siria l’estate fa troppo caldo. Sono sicuro che tornerò in quei luoghi, perchè prima o poi tutte le guerre finiscono“.
Elisa Carrara
(3 novembre 2016)
Leggi anche:
- Ghiath: fra appartenenza e integrazione scelgo l’integrazione
- MedFilm Festival 2016: in giuria Nibir M. Rahman, con un doppio sguardo tra Bangladesh e Italia
- Vladimir Doda, attore albanese nella giuria del MedFilm Festival