Quando viene prelevato dai nazisti per essere deportato in un campo di lavoro come responsabile dell’assalto al Forte Tiburtino, Fausto Iannotti ha solo sedici anni e sta passeggiando in bicicletta. Morirà per un delitto mai compiuto, al posto del quattordicenne Guglielmo Mattiocci, che ottiene l’incolumità regalando degli stivali da ufficiale a un paracadutista tedesco. Ogni anno, il 25 aprile, la targa che ricorda Iannotti e gli altri martiri di Pietralata viene omaggiata con una corona di fiori di fonte ai residenti del quartiere. Quest’anno ci sono anche i ragazzi di Liberi Nantes, e la parola Memoria acquista un senso diverso, più forte.Il 25 aprile dei Liberi Nantes è una passeggiata nella borgata, tra storie di Resistenza e ricordi recenti: ci sono gli anziani del quartiere, che la guerra l’hanno vissuta; ci sono gli alberi di un parco mai legittimato; ci sono le parole di Pasolini, che tracciano il quadro di strade e volti di una Roma passata; e ci sono loro, i giocatori della squadra nata nel 2010 all’ombra della storica Albarossa, che la storia del quartiere la stanno facendo.
Pietralata di ieri: le memorie dei residenti
“Per Roma in quegli anni giravano i camion tedeschi. Quando è arrivato il carro armato americano pensavamo fossero ancora loro” racconta Giuliano, classe 1923. “Poi è sceso un soldato nero, e…” esita un istante guardando i ragazzi che ha di fronte, poi conclude ridendo “ci siamo pure messi un po’ paura”. Giuliano è uno dei residenti storici di Pietralata: “abitavo alla Cacciarella, a Casal Bruciato. Il giorno mia madre mi metteva sulle spalle e mi portava qui, dove c’era l’orto di mia zia”. Inizia a lavorare in fonderia a quattordici anni, poi una malattia lo porta lontano dalla fabbrica e finisce in Banca d’Italia. La scuola non la finisce, colpa della guerra: “per arrivarci dovevo passare per Portonaccio e mio padre non se la sentiva di lasciarmi andare, era pericoloso”. Il 19 luglio 1944 il quartiere di San Lorenzo era stato bombardato.Nel suo racconto scorre la storia di Pietralata, dai primi insediamenti – quelli delle casette di legno costruite per gli sfollati di via della Conciliazione e via dei Fori Imperiali sotto il Fascio – a quelli di altri sfollati, questa volta del Tiburtino III e di San Lorenzo. Pietralata è costellata di case popolari ed altre di proprietà di enti, e portarci gli ascensori è stata una lotta a cui Giuliano non si è mai sottratto. Quando saluta, maledice le gambe malconce che gli impediscono di seguire quella strana processione: “vi avrei fatto vedere tante cose…”.
Pietralata di oggi: i rifugiati e lo sport
Alberto Urbinati è il presidente della Liberi Nantes, e parlando di parrocchia e di ricostruzioni ne cita una in particolare: “i ragazzi della squadra hanno portato l’illuminazione in una strada del quartiere rifacendo l’impianto elettrico. Noi abbiamo fatto i lavori, lui paga la bolletta” scherza, indicando don Aristide. Vicolo della Concordia, l’hanno chiamato. Se lo cerchi sulle mappe non lo trovi, ma la targa c’è: è scritta a mano e sopra ci sono tante mani colorate. Una di queste è quella di Sumaila, giocatore storico. Sulla sua maglia campeggia una frase di Ben Harper: I can change the world with my own two hands.“Trenta ragazzi sono venuti qui a lavorare e hanno dato vita a questo campo” racconta Urbinati davanti al XXV Aprile, scritta rossa su sfondo blu, gli stessi caratteri che furono quelli dell’Albarossa, la squadra di calcio dei militanti comunisti degli anni ’70. Enzo ci ha giocato da libero fino ai 44 anni, e di quel campo ricorda che le misure furono prese coi piedi dal presidente “che di mestiere faceva lo scopino”. Da giocatore Enzo passa al giornalismo, poi al sindacato, ma resta sempre legato alla squadra. Deve litigare con i compagni per organizzare un concerto a pagamento con Antonello Venditti: “facevamo sempre cose gratuite e l’ingresso lì era di cinque mila lire” racconta, ma quando all’evento si presentano 4000 persone paganti, ha la meglio sugli scettici. Ricorda le partite nei manicomi dopo la legge Basaglia, quelle all’Olimpico per le fabbriche occupate, il mese trascorso in Russia.
Il popolo è sempre sostanzialmente libero e ricco: può essere messo in catene, spogliato, aver la bocca tappata, ma è sostanzialmente libero; gli si può togliere il lavoro, il passaporto, il tavolo dove mangia, ma è sostanzialmente ricco. Perché? Perché chi possiede una propria cultura e si esprime attraverso essa è libero e ricco, anche se ciò che egli è e esprime è (rispetto alla classe che lo domina) mancanza di libertà e miseria._(Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari)
Testo di Veronica AdrianiFoto di Giuseppe Marsoner(26 aprile 2017)
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