Gli aspiranti pasticceri vengono da Mali, Nigeria, Afghanistan, Iraq, Gambia, Senegal. “Pian piano stiamo imparando a conoscere le loro storie” racconta Nadia Gonella, responsabile dello SPRAR e faro per i ragazzi “ma non sempre è semplice”. Qualcuno di loro avrebbe bisogno di cure psichiatriche più specifiche, a volte di un ricovero, ma i centri in grado di fornire assistenza sono piccoli e già pieni: alcuni hanno solo sei posti letto, troppo pochi.Rauf, curdo iracheno, è uno dei corsisti e segue Nadia come un’ombra. Dovrebbe partecipare alla lezione, ma oggi non gli va: per questo si improvvisa prima dj, poi addetto alle pulizie, infine segretario personale. È ospite dello SPRAR da febbraio, e anche se con l’italiano zoppica un po’, riesce a farsi capire benissimo. Lui è grande capo, e Alibàba è parola franca: nome proprio, aggettivo, intercalare all’occorrenza. Mostra fiero le foto che ha sul cellulare: il concorso di poesia che ha vinto la domenica precedente, i piatti che ha mangiato, gli amici.Difficile a credersi, i ragazzi che partecipano al corso stanno davvero superando le difficoltà impastando uova, latte e farina. “Uno di loro ha fatto il pastore per tutta la vita. È timidissimo, quasi incapace a relazionarsi con gli altri” racconta Nadia. Per lui e per molti altri c’è innanzi tutto il corso di italiano: “Appena arrivano da noi cerchiamo di fargli studiare la lingua: alcuni sono analfabeti, ma l’importante è che imparino a parlarla”. I corsi organizzati nello SPRAR sono la base per quelli al di fuori: “alcuni ragazzi sono più fragili di altri, vanno ‘rafforzati’. Solo dopo cerchiamo di spingerli all’esterno per inserirli nella società”.C’è chi ottiene un tirocinio e chi prosegue sulla strada del volontariato, come Kamel, nigeriano albino in Italia da cinque anni. Se gli chiedi come si trova nello SPRAR sospira e dice: “ce vò tanta pazienza”. Kamel in Nigeria si occupava di giornalismo televisivo, qui si cimenta con quello radiofonico. È ospite fisso, ogni martedì – “ma la trasmissione va in onda di domenica” – di Radio Finestra Aperta, web radio della UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. “L’ultima discussione è stata sui giovani che vanno all’estero per lavorare” racconta Kamel. Lui ci andrebbe? “Per carità, perderei l’accento romano”, e racconta che nei suoi progetti c’è l’iscrizione all’università, facoltà di Economia. “Per il momento” dice “ho fatto richiesta per il riconoscimento del diploma, ma i tempi sono lunghissimi”.
La cucina potrebbe essere una svolta per qualcuno dei ragazzi? Secondo Margherita sì. Nel cassetto ha un desiderio e un sogno: il primo, realizzabile, è di fare una cena etnica con i ragazzi alla fine del Ramadan. Il secondo, invece, è un po’ più complesso: “vorrei renderli autonomi per cucinare qui allo SPRAR. Se riuscissimo a creare due squadre di 5-6 ragazzi che lavorino su turni potremmo farcela. Gli ospiti del centro sono un centinaio”.Alla fine della lezione sulla porta compare un ragazzo alto, vestito con un completo da calcio. Nadia gli ha promesso di aiutarlo a compilare il curriculum, lui non vede l’ora: “alcuni dei ragazzi hanno maturato durante il viaggio o nel loro paese delle competenze che nemmeno sanno di avere. Noi cerchiamo di aiutarli a farle emergere”. Uno di loro ce l’ha fatta: due giorni prima ha scoperto di essere stato preso per un tirocinio da Ikea. A volte ci vuole del tempo, ma gli ingranaggi della lenta macchina dell’accoglienza riescono a muoversi nel verso giusto.
Testo di Veronica AdrianiFoto di Alessandra Zucconi(23 maggio 2017)
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