Attentato in Iran: l’indifferenza fa male quanto il terrorismo

La fiaccolata promossa a Roma in solidarietà alle vittime dell'attentato in Iran

“Ho un amico che lavora in parlamento e l’ho contattato appena ho saputo dell’attentato. Mi ha raccontato che il terrore è subentrato dopo, quando è uscito dal palazzo. Ha visto il sangue si è reso conto davvero di cosa si trattasse”. Mahsa, studentessa di lingue originaria dell’Iran, ripercorre gli istanti seguiti al duplice attentato che la mattina del 7 giugno ha colpito il parlamento di Teheran e il mausoleo di Khomeini. Nell’attacco, rivendicato dall’Isis, sono state uccise 17 persone e ne sono state ferite 52.

Pochi passi più in là, accanto al cancello dell’ambasciata dell’Iran a Roma, tante piccole candele si uniscono a formare la scritta Teheran.

“Vogliamo esprimere la nostra vicinanza alle vittime”, spiega Abolhassan Hatami, presidente dell’associazione culturale italo-iraniana Alefba. “Purtroppo non abbiamo avvertito, da parte dell’opinione pubblica italiana, la stessa mobilitazione che si è avuta in seguito agli atti di terrorismo che hanno colpito l’Europa. Questo ci ha molto addolorati”.

“Quando ho letto le prime agenzie sono rimasto sconvolto” racconta Antonello Sacchetti, giornalista e scrittore esperto di Iran. “Solo la sera prima avevo rassicurato una signora che voleva partecipare a un viaggio che sto organizzando. L’Iran è un paese sicuro, lo frequento da dieci anni. Che ci fossero piani dell’Isis si sapeva, ma fino a ora non c’erano stati attentati. Il livello di tensione era per certi versi più basso che a Roma: ad esempio a Teheran non ci sono metal detector nei siti archeologici”. L’attacco a due luoghi fortemente simbolici è destinato, secondo Sacchetti, a peggiorare la percezione del paese: “Chi era sospettoso confermerà i propri stereotipi”.

Due ragazze parlano davanti alla bandiera dell'Iran esposta a Roma per commemorare le vittime dell'attentato terroristico del 7 giugno 2017

“Quando dici che vieni dall’Iran la prima frase che le persone ti dicono è ‘Ah ma da voi c’è casino’ , ossia guerra e terrorismo” rivela la food blogger Saghar Setareh “E questo per loro giustifica ciò che è successo: è normale che ci sia il terrorismo in Iran”. I pregiudizi generano un’indifferenza che fa male: “Il giorno dell’attentato le persone mi scrivevano normalmente via mail o su Facebook parlando di lavoro. Nessuno capiva la gravità di quel momento, nessuno mi chiedeva come mi sentissi”.

“Nessuno di noi deve sentirsi estraneo o escluso da questo fenomeno” sottolinea Parisa Nazari, di professione farmacista, tra le promotrici della cultura iraniana a Roma “Ognuno deve porsi delle domande, cercare di capire, farsi un’idea propria e profonda”.

Cittadini italiani e iraniani riuniti davanti all'ambasciata dell'Iran a Roma per dire no al terrorismo

“Il terrorismo si combatte attraverso le relazioni con le persone” Massimiliano Vassalli lavora come ricercatore alla Sapienza. Secondo lui è fondamentale promuovere l’integrazione partendo dall’istruzione e dalla comunicazione: “Molte offese sono legate all’ignoranza”.

“Da non credente mi trovo a dover spiegare, magari davanti a un caffé al bar, che l’Islam non è l’Isis” continua Saghar “E a dover continuamente ribadire la mia presa di distanza dal terrorismo, come se non fosse scontata”.

“L’Iran è uno dei paesi più vicini all’Italia per civiltà, cultura e modo di fare”. Tiziana Buccico ha vissuto a Teheran per otto anni: “Mio marito era addetto culturale, abbiamo cresciuto due figli in Iran ed è stata una seconda casa: ho conosciuto un popolo accogliente, gentile, davvero umano. Un popolo che più che dividere unisce”.

Sandra Fratticci
(13 giugno 2017)