Ius soli, lo sciopero della fame per l’approvazione della riforma della legge sulla cittadinanza continua. L’iniziativa, giorno dopo giorno, sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di rappresentanti delle istituzioni, politici, insegnanti e attivisti. Numero che ieri ha raggiunto le mille adesioni.Tra gli insegnanti di Roma, c’è un gruppo di maestre di una scuola di Tor Pignattara che sta portando avanti con determinazione l’idea di integrazione, di riconoscimento dei diritti di tutti. Portavoce del gruppo è l’insegnante Maria Ghidelli, da anni in prima linea per costruire una scuola dell’accoglienza e dell’uguaglianza.
Maria Ghidelli insegna da dieci anni. Questo è il suo settimo anno di docenza in un istituto di
Tor Pignattara, uno dei quartieri più multiculturali di Roma. Nella scuola si registra
un tasso molto alto di bambini stranieri. Vengono da paesi asiatici, africani e dal Sud America. Bambini diversi l’uno dall’altro per lingua, cultura e religione, ma esattamente uguali dentro la classe.”Sono anni che nella scuola lavoriamo con gli studenti sul
tema della cittadinanza:
quello che i bambini ci insegnano ogni giorno è che siamo tutti cittadini del mondo” racconta l’insegnante.
“Quando domandiamo ai bambini Vi sentite italiani?, reagiscono con perplessità, si stupiscono. Loro non notano le diversità. Non comprendono la differenza tra chi è cittadino italiano e chi non lo è. Non esistono barriere, neanche linguistiche, che ostacolano la loro comunicazione e conoscenza reciproca. In occasione del 3 ottobre, Giornata Nazionale in memoria delle vittime dell’Immigrazione, abbiamo chiesto ai bambini di scegliere liberamente se indossare un fiocchetto tricolore. Abbiamo spiegato loro il valore simbolico di questo gesto. Potevano farlo o non farlo, eppure tutti lo hanno indossato”.In classe non c’è diversità. L’integrazione tra i bambini c’è e rappresenta una grande ricchezza. Inoltre, grazie ai laboratori didattici di italiano L2,
nell’istituto il processo di integrazione e accoglienza sta portando a dei risultati concreti: “I giovani studenti sono anche un tramite per i genitori. Raccontano loro le esperienze fatte in classe, li coinvolgono nelle nostre pratiche di integrazione”.
Perché lo sciopero della fame?Maria e le sue colleghe hanno tutte aderito allo sciopero. E andranno avanti con determinazione, anche con una attiva partecipazione nello spazio pubblico: “Eravamo alla manifestazione di febbraio
L’italia sono anche io, scenderemo in piazza anche il 13 ottobre.
Non ci fermeremo finché non si raggiungerà l’approvazione di questa riforma fondamentale. Tutti gli insegnanti dovrebbero aderire allo sciopero”. La scuola, il vero laboratorio dei cittadini del futuro – secondo Maria e gli insegnanti firmatari dell’appello lanciato da Franco Lorenzoni,
Insegnanti per la cittadinanza – non può operare quando viene meno la premessa fondamentale di uguaglianza tra i bambini.
Come si può educare un bambino al rispetto della Costituzione quando un giorno questo verrà discriminato a livello giuridico? Questo stato di cose è orribile, si legge nel testo dell’appello.Ma Maria si sente fiduciosa: “
Siamo ottimiste. Il movimento è solido e sta coinvolgendo sempre più persone. L’appello di Lorenzoni ha portato a una concreta e massiccia mobilitazione. Rispetto a un anno fa l’interesse per questa causa è molto più vivo. Lo sciopero da parte di numerosi esponenti delle istituzioni è un segnale positivo, ma si può fare di più. Ad esempio, è necessario
contrastare la disinformazione che dilaga tra l’opinione pubblica: associare il tema dello ius soli agli arrivi con i barconi è un’idea sbagliata e pericolosa“.
Elisabetta Rossi
(11 ottobre 2017)
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