Nadege è una ventiseienne camerunense, originaria di Edea, città sudoccidentale del Camerun: una grande città industriale, popolata da quasi 130 mila abitanti. Il centro è anche sede della Diocesi di Edea: più della metà degli abitanti è di religione cattolica. Nadege, ragazza dinamica e sportiva, con un passato da campionessa di atletica leggera, è molto credente e legata alle tradizioni religiose: “Questo è il secondo anno che passo il Natale in Italia. Nei giorni di festa ho sentito tanto la mancanza della mia casa”. Ma non parla troppo della sua casa e del suo passato: è ottimista e vuole pensare al suo futuro e a quello della sua bambina, che vive ancora in Camerun e con la quale spera di ricongiungersi presto.È in Italia da un anno e mezzo, il “suo” francese l’ha aiutata nei primi passi con l’italiano: “Vorrei parlare bene questa lingua così difficile perché sono in cerca di un lavoro, anche se al momento sono impegnata con le attività di formazione del centro SPRAR che mi ospita”. Nadege ha vissuto stabilmente a Rieti, dove ha fatto amicizie e frequentato la scuola di italiano dell’ARI Onlus, ma ora vive da pochi mesi a Monterotondo, dove partecipa al progetto SPRAR AIDA: “Mi trovo bene con tutti, condivido la casa con quattro nigeriani, continuo a frequentare i corsi di italiano e grazie ad AIDA seguo dei corsi di formazione. Sono importanti per me, vorrei trovare presto un lavoro, ormai lo sport non è più la mia vita”.Questo è stato un Natale particolare per lei: “Mia figlia è rimasta in Camerun con la mia famiglia. Anche quest’anno non ho potuto festeggiare con loro. Nei giorni di festa sono stata sempre a casa, non abbiamo fatto proprio niente”, dice, ma il suo tono di voce non sembra troppo triste o rassegnato. “Il 23 dicembre con gli operatori del progetto abbiamo fatto una gita di gruppo a Roma: è stato bello, il centro della città era pieno di luci. Anche a Edea durante le feste di Natale la città si illumina, ma non ci sono gli alberi di Natale, quelli li ho visti per la prima volta qui in Italia, così come il presepe”.“In Camerun il Natale vuol dire stare in famiglia, ci prepariamo tutti il 23 dicembre: si comprano scarpe nuove, vestiti e giochi per i bambini. Il 24 invece è una grande festa: tutti insieme cuciniamo i nostri piatti tradizionali, una specialità della mia zona è le mets de pistache.” Il “pistache” dal nome potrebbe ingannare: non si tratta del pistacchio, ma è un seme di un ortaggio simile alla zucca, che viene seccato e poi macinato fino a diventare una pasta, che si aggiunge alla carne, al pesce, alle uova. Ci sono tanti modi di cucinare la carne o il pesce: si possono friggere, grigliare, affumicare. Dipende dalle tradizioni locali. Alcuni aggiungono le foglie di una pianta chiamata macabo. Infine il ripieno viene posto dentro foglie di banano e il tutto viene lentamente stufato.”È una lunga preparazione, ma serve per stare insieme. È un giorno di festa, il cibo è importante. Ma dopo cena c’è il momento più bello: tutti insieme andiamo in chiesa a pregare. E di nuovo il 25 dicembre ci ritroviamo a casa insieme, proprio come si fa qui in Italia. In fondo non ci sono molte differenze. Sono lontana dalla mia famiglia, ma loro hanno festeggiato insieme e sono felici, questo è l’importante”.
Elisabetta Rossicon la collaborazione di Alessandra Marchioni(10/01/2018)
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