Così come la cucina italiana non è solo pasta e pizza, la cucina cinese è tutt’altro rispetto a quello che i “soliti” ristoranti cinesi offrono spesso in Italia. A dimostrarlo è il ristorante di Lin, che da quattro anni offre una piccola parte della centenaria tradizione culinaria del suo paese a palati fini e delicati nel cuore del Municipio II. Involtini primavera, riso alla cantonese o pollo alle mandorle non hanno posto all’interno del menu del suo locale di Via Basento nel quale i prodotti di stagione e l’arredo minimalista privo di oggetti in ceramica e lanterne rosse sono i punti forti.“Quattro anni fa, io e mia moglie, abbiamo deciso di iniziare un’attività nel campo della ristorazione perché abbiamo notato che l’offerta della cucina cinese nella capitale, e in Italia in generale, era poco rappresentativa e molte persone la reputavano di scarsa qualità. Spesso questi locali offrono un menu molto limitato se consideriamo che in Cina esistono fino a otto tipologie di tradizioni culinarie. Noi, invece, cerchiamo di puntare sulla qualità e sull’originalità proponendo soltanto la cucina dello Zhejiang, una delle regioni del mio paese. I sapori di questa terra sono molto delicati ed equilibrati e i piatti che proponiamo nel nostro ristorante sono stati selezionati per essere apprezzati dal pubblico occidentale ma anche dai miei connazionali che spesso ci dicono che trovano da noi una sensazione di casa, e questo ci rende orgogliosi,” spiega Lin in perfetto italiano, con un leggero accento romano.E’ arrivato in Italia quando aveva appena undici anni insieme a sua sorella. “Nel 1989 abbiamo raggiunto i nostri genitori a Roma. All’epoca mio padre faceva il lavapiatti e mia madre la sarta.” I primi giorni nella capitale non sono stati facili per Lin e la sua famiglia. “Purtroppo i miei genitori non riuscivano a trovare una casa per la nostra famiglia perché gli italiani raramente affittavano ai cinesi. Un giorno mentre facevamo la spesa al mercato del Pigneto, i miei genitori hanno incontrato Agatha, una signora siciliana a sua volta immigrata in svizzera dove per anni aveva vissuto diversi tipi di discriminazioni ed era a conoscenza delle difficoltà degli stranieri per integrarsi. Agatha era vedova, abitava da sola e quando ha visto la disperazione dei miei genitori ci ha offerto di andare a vivere insieme a lei. Era un’ottima cuoca, ogni sera a tavola c’era una vera e propria integrazione culinaria tra i piatti della sua terra e quelli cinesi. Insieme a lei ho passato la mia adolescenza e ho imparato non solo i segreti della cucina siciliana ma anche la cultura e la lingua italiana”.Un’adolescenza condizionata anche dalla tradizione e cultura cinese che ha fatto si che Lin iniziasse a lavorare quando aveva appena quattordici anni. “La mattina andavo a scuola e la sera lavoravo nel ristorante di un amico di mio padre.” Un’esperienza che gli ha permesso di imparare il mestiere per poi aprire un’attività in proprio a Roma nel quartiere nel quale abita ormai da otto anni ed in una via il cui nome non è stato scelto a caso. “Basento è il nome del fiume più lungo della Basilicata. Lin, invece, il mio cognome, tradotto dal cinese vale a dire bosco in italiano. E il bosco vicino al fiume non può che crescere.”È così è stato. In questi quattro anni i clienti di Lin sono sempre aumentati, il suo staff multiculturale si è raddoppiato e la specialità della casa, lo stufato di maiale, è diventato sempre più famoso tra i vicini del quartiere. “È un piatto di cui vado fiero perché è una ricetta che mi ha insegnato a fare mia nonna quando ero piccolo. Si tratta di pancetta di maiale stufata con vino di riso, anice stellato, cannella e miele.”
Cristina Diaz28/02/2018
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