“La sanità dei miei bambini viene prima di tutto, a volte da un male piccolo si può arrivare a delle gravi conseguenze, per questo motivo non sono mai stata contro i vaccini”. A parlare è Selvete, una ragazza rom, proveniente dalla Moldavia. Lei, insieme ad altre mamme residenti al Camping River, ha aderito all’iniziativa promossa dal Dipartimento Regionale Salute e Politiche Sociali della Regione Lazio per favorire la vaccinazione dei bambini che vivono nei campi nomadi, in condizioni di povertà e grave disagio.
Durante le giornate del 23 e 24 maggio sono stati vaccinati al Camping River 35 bambini, e sono state somministrate 68 dosi. “Alcuni dati hanno rivelato un decadimento delle condizioni di salute dei rom negli ultimi anni” ha riferito il Dottore della ASL Roma 1 Filippo Gnolfo. Questo piano d’intervento ha infatti l’obiettivo di avvicinare ai servizi sanitari questa popolazione e facilitare la scolarizzazione dei bambini, che senza una regolare vaccinazione, non avrebbero potuto iscriversi all’anno scolastico.
A collaborare al progetto sono state le tre ASL di Roma, che opereranno sul campo a seconda del territorio di competenza, l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, la Comunità di Sant’Egidio, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) che ha svolto un lavoro di raccolta dati, la Cooperativa OSA, e l’ Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma che ha messo a disposizione per queste giornate l’ambulanza privata Soccorso Amico e l’Unità di Strada. Oltre al Camping River sono stati coinvolti i campi nomadi di via del Foro Italico, La Monachina e Cesare Lombroso.
Rom ed istruzione scolastica: un problema ancora attuale
Selvete è un ex inquilina del campo Casilino 900, ha 25 anni e si è sposata a 18 anni, quando si è trasferita al Camping River. Quattro anni fa ha avuto la sua prima bambina, seguita da un maschietto due anni più tardi. “Ho frequentato solo l’asilo e le scuole elementari, andavo all’Istituto Andrea Doria, ma non sono riuscita a prendere la terza media. Ero una ragazza particolare mi piaceva solo andare in giro a fare casino” racconta.
L’istruzione dei bambini e dei ragazzi rom, è ancora oggi un problema molto dibattuto. Diversi campi infatti, si trovano distanti ed isolati dal resto della città e questo non solo non facilita una regolare frequenza a scuola, ma neanche l’integrazione delle culture. Anche il campo rom di via Tenuta Piccirilli è raggiungibile solo a piedi o con un proprio mezzo di trasporto, ma per agevolare le famiglie è stata fornita una navetta che accompagni i più piccoli nei vari istituti scolastici di Roma e li riporti a casa il pomeriggio.
Anche Selvete usufruisce di questo servizio per far arrivare la piccola a scuola. Sua figlia infatti frequenta l’asilo, mentre il fratellino, ancora troppo piccolo, rimane a casa accudito dai suoi genitori. “La mia bambina non ama stare in compagnia degli altri bambini. Lei è tranquilla e le piace giocare per conto suo, è sensibile ai richiami delle maestre e se le urlano troppo torna a casa spaventata” ha detto. Il suo sogno è quello di crescere i suoi figli in una casa, lontani dalle ingiustizie e dalle sofferenze che lei ha dovuto sopportare “vorrei che crescano come gli altri bambini e non come sono cresciuta io” ha detto. “La domenica vado a chiedere l’elemosina, ma con i soldi che riesco a rimediare non sono riuscita a mandare la piccola in gita con gli altri oggi”, si interrompe, rimane in silenzio ed il suo sguardo si perde nel vuoto.
Il Camping River e il piano di superamento dei campi nomadi
Il Camping River ad oggi è un campo nomadi abusivo, che ospita circa 430 persone di differenti comunità quali rumena, macedone, serba e kosovara. Da mesi gli abitanti sono costretti a vivere senza acqua potabile, e gravi sono state le conseguenze per i residenti: “Mio padre la scorsa estate ha avuto una grossa crisi, d’estate infatti qua si muore di caldo, e anche la bambina ha passato un mese in ospedale” ha raccontato Selvete.
Solo pochi giorni fa gli inquilini del campo della periferia di Roma Nord hanno ricevuto una lettera in cui vengono invitati a lasciare definitivamente il campo entro il 15 giugno, pena lo sgombero immediato. L’amministrazione capitolina infatti, volta al superamento dei campi nomadi, ha deciso di liberare quest’area, già formalmente chiusa, proponendo rimedi quali il rimpatrio assistito, oppure un aiuto economico per l’affitto di un appartamento.
Selvete, come tanti altri inquilini, è stanca di tutto questo, ma spera ancora per un futuro migliore: “Mi alzo la mattina presto, vesto i miei bambini e li mando a scuola, dopo aver pulito tutto e aver pranzato con mio marito mi chiudo in casa e guardo la tv. Non esco neanche, perché qua non mi piace più”. E così le sue giornate trascorrono lente in un ambiente che non la rispecchia. “Agli italiani chiedo solo che di essere rispettata, perché siamo rom, non animali, siamo esseri umani anche noi”.
Francesca Mahmoud Alam
(28 maggio 2018)
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