“Carne, cipolle, coriandolo, cumino, aglio, pepe nero e peperoncino piccante. Questi sono gli ingredienti principali dei Sambusa, poi li preparo anche con il formaggio o con patate e verdure”. Amona viene dalla Somalia, ha ventiquattro anni, e insieme con Amir e altri diciotto cuochi fa parte del progetto “In cammino…Catering Migrante”.Ci vogliono quasi tre ore per realizzare i Sambusa, soprattutto se si sceglie di preparare la pasta base da soli senza prenderla già pronta o sostituirla con la pasta sfoglia. Un piatto di origini somale, che Amona ha imparato a cucinare in Turchia “perché quando ero piccolina, non avevo mai visto come lo cucinava mamma. Ho imparato guardando la ricetta su internet e da altre signore somale”.https://www.facebook.com/GustamundoRoma/videos/1830583687010041/(Video realizzato da Andrea Pescini)
Amona e l’Italia
“Sono in Italia da due anni e un mese. Mi piace cantare mentre cucino. Quando sono arrivata, cantavo sempre Bella Ciao”, sorride raccontando come il momento della cucina sia un insegnamento per tutti i cinque sensi.“Quando Luca, il maestro, spiega la ricetta io guardo tutto: lo sguardo, i gesti, il suono della voce, tutto mi aiuta a ricordare e imparare”, Amona ancora non parla un buon italiano ma con il suo ascolto a 360 gradi ha trovato il modo per capire e migliorare insieme a tutto il gruppo di “In Cammino…Catering Migrante”.“Sono contenta di questo corso e sto bene con il gruppo. Mi piace cucinare e spero che ci sia la possibilità di lavorare. La scorsa settimana ho fatto il test teorico di cucina, dovevamo scrivere delle ricette. Penso sia andata male, perché non so ancora scrivere bene in italiano. È difficile per me. Avevamo solo un foglio e una penna e non potevamo chiedere aiuto. Quando sono arrivata in Italia, non sapevo né leggere né scrivere. Ho studiato presso Asinitas, ma ora ho interrotto per seguire il corso di cucina”.Nonostante le difficoltà Amona è armata di determinazione: la casa dove abita con altre tre ragazze si trova fuori dal Grande Raccordo Anulare “Qui passa un autobus ogni ora ma è sempre molto pieno, così parto molto presto e arrivo al corso in anticipo e poi aspetto”.
Amona e il suo lungo viaggio verso l’Italia
Il lungo viaggio di Amona parte da lontano. La guerra in Somalia distrugge la sua famiglia: “ho cinque tra fratelli e sorelle rimasti vivi, gli altri sono morti. Anche mio padre è morto. Nessuno di noi è più in Somalia ma siamo fuggiti dividendoci fra Arabia Saudita e Yemen”.Amona si rifugia in Arabia Saudita dove, però, incontra una situazione difficile, decide così di andare oltre verso la Turchia e lì, grazie alla sua abilità con l’arabo, trova lavoro cucinando. Impara a preparare i Sambusa “cucinavo per 150 persone e mettevo da parte i soldi per aiutare la mia famiglia e ripartire”. Dopo quattro mesi riesce a partire per la Svezia, dove rimane per otto mesi e due settimane. Nel lungo viaggio perde i contatti con la famiglia che riuscirà a risentire solamente dopo l’arrivo in Italia. Alla difficoltà lavorativa e al dover ripartire ogni volta da zero, si somma lo scoprire di soffrire di diabete, malattia che le fa perdere due figli: una bambina dopo cinque giorni dalla nascita e un bambino dopo due giorni. Come molte donne mussulmane infatti Amona si sposa “con scrittura” giovanissima, a soli tredici anni “ho visto mio marito la prima volta a dodici anni. Però siamo andati a vivere insieme molto dopo: siamo sposati da cinque anni e quattro mesi”.“Lui è un dottore e adesso è scappato in Malesia dalla Somalia dove era stato bruciato con l’acqua calda. Ho fatto domanda per il ricongiungimento familiare e sto aspettando il nulla osta dall’ambasciata malesiana”.
Amona e il futuro
“Ho imparato tante cose in Italia. Prima ero sempre malata, soffro di diabete. Ora sto meglio. Mi sto curando e spero di avere altri bambini appena potrò riavvicinarmi a mio marito”. Il rispetto verso il suo compagno di vita vince ogni distanza: Amona non mostra mai il suo volto nelle foto, né esce da casa senza esser coperta fino ai piedi e fino ai polsi, lasciando scoperti soltanto gli occhi e le mani “mio marito è molto geloso ed io lo rispetto”.Riavere il marito vicino e lavorare come cuoca in Italia è il suo sogno, ma fra quattro mesi dovrà lasciare la casa dove abita e, senza lavoro, sarà probabilmente costretta a partire di nuovo. “Ho chiesto di restare altri sei mesi e in un’altra casa dove probabilmente potrò lavorare prendendomi cura di una signora”, sorride fiduciosa mostrando una foto dell’ultimo piatto di sambusa preparato. “Ci vuole un fiore sul piatto di Sambusa, è così che si accompagna”.
Silvia Costantini(18 luglio 2018)
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