Via Scorticabove è un fermo immagine: il 5 luglio la polizia ha sgomberato lo stabile al civico 157, dove abitavano da 13 anni. Da allora sull’asfalto, rovente col sole e zuppo d’acqua con le piogge abbondanti di questo agosto, vivono 60 rifugiati sudanesi . Altri ancora arriveranno a settembre: “Ora sono giù per la stagione, per lavorare nei campi, quando tornano trovano questo”, dice uno di loro.
60 rifugiati sudanesi vivono sull’asfalto di Via Scorticabove dal 5 luglio
Da luglio sono in dialogo con l’amministrazione per trovare una soluzione, ma intanto, sotto una decina di gazebo, resiste la loro quotidianità: martedì 21 agosto la strada è affollata di volontari e amici che sono stati invitati per festeggiare insieme l’Eid al Adha. Anche in questa via remota del quartiere alle porte di San Basilio è la festa del sacrificio, anche qui, nella precarietà della strada cominciano i giorni della letizia in cui dimenticarsi le privazioni del Ramadan e compiere il pellegrinaggio a La Mecca.
In Via Scorticabove le reti dei letti sono diventate panchine: è un salotto a cielo aperto. A gruppi si chiacchiera e c’è chi spazza via l’acqua del temporale : “Stiamo aspettando i cuochi che sono andati a cucinare in un palazzo occupato dove abitano alcuni nostri amici”, dice Jamal, 38 anni in Italia da 10 che ha vissuto sempre insieme alla comunità. “Lavoro come ambulante, giro per i mercati. Sono anche andato per un periodo a Torino, ho fatto corsi di formazione ma poi ho cominciato a lavorare qui a Roma. Alle 6 del mattino mi alzo e torno alle 3 e mezza. Poi siamo qui tutto il giorno. Dormiamo. Aspettiamo“. Aspettare è il verbo che usano tutti.
Il dialogo aperto con l’amministrazione
Dal giorno dello sgombero l’amministrazione e i rifugiati di Via Scorticabove, che si stanno costituendo anche in associazione, hanno avviato una conversazione per arrivare a un accordo: il 6 agosto la comunità ha presentato la sua proposta. “Non vogliamo assistenza né una struttura gratis, noi vogliamo pagare acqua, luce, gas e se c’è da ristrutturarla lo facciamo. Vogliamo un posto per fare progetti, raccontare la nostra cultura e la nostra storia, anche nelle scuole”, spiegava Adam, portavoce della comunità, qualche giorno prima della riunione.
L’incontro di agosto non ha prodotto risultati anche se “L’assessora è rimasta colpita” dice Siddig, che era presente all’incontro. “Non vivo qui ma vengo sempre quando ho del tempo libero. Ho vissuto insieme a loro ai tempi dell’Hotel Africa e poi qui per 3 mesi”. Ha 38 anni e da 15 vive in Italia, è seduto tra due volontari dell’ARCI: “Frequentano la nostra comunità da sempre, siamo un solo corpo ormai”. Parlano dell’incontro, delle loro proposte, dell’autunno in arrivo. Possono contare su una fitta rete di aiuti: la strada è piena di persone che stanno mettendo in campo energie e competenze perché si trovi una soluzione. Ma non basta. Il 5 settembre torneranno in comune per continuare il dialogo e trovare un accordo. C’è determinazione e speranza, ma anche la consapevolezza che le notti a cielo aperto saranno ancora tante: “Spero che si risolverà a breve la situazione, però non lo so. Baldassarre con il suo gruppo sembra che non stia procedendo davvero”, continua Jamal.
La quotidianità che resiste: i festeggiamenti dell’Eid al Adha
Nel frattempo arrivano due macchine cariche di pentole: riso, carne, pollo, agnello, verdure. Tutto è pronto per onorare l’Eid al Adha e i cuochi vengono accolti con un applauso. “Ci abbiamo messo tanto, i fuochi erano troppo piccoli”, si giustificano. Ma in strada si accende un clima di festa: in un attimo sotto i gazebo si allestisce un buffet e un pallet diventa il tavolino delle bevande. Nessuno tocca il cibo, se prima non l’hanno assaggiato gli ospiti italiani: fanno gli onori di casa e si accertano che tutti abbiano la loro parte.
Voltando le spalle ai letti, sembra una delle tante feste dell’estate romana: buon cibo, chiacchiere all’aria aperta, amici che si ritrovano. Ma quando la festa finisce Via Scorticabove torna un luogo di resistenza: dove 60 rifugiati sudanesi, in un alloggio fatto di gazebo e teloni che i continui temporali d’agosto stanno logorando, mangiano, dormono, vivono senza corrente elettrica, bagni, luce. E si preparano, se necessario, ad affrontare anche l’inverno.
Rosy D’Elia
Fotografie di GMA
25 agosto 2018
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