Si è spento oggi, 21 luglio 2022, all’età di 74 anni Luca Serianni, linguista, storico della lingua italiana, accademico e professore ordinario presso l’Università La Sapienza di Roma. La lingua italiana e la sua storia sono state l’oggetto di studio di tutta la sua carriera: dalla lingua (prima) di Dante fino all’italiano parlato dai giovani stranieri di oggi.
La Redazione Piuculture vuole rendere omaggio allo studioso, schivo e gentile, che ha saputo intendere lo studio della lingua italiana come una forma di impegno civile: “diffondere la padronanza della lingua e della sua storia è un modo per rafforzare il senso di appartenenza a una comunità”.
È stato il quartiere Tufello lo spazio che ha ospitato, in un caldo pomeriggio di agosto, la prima lezione aperta del ciclo di incontri “Grande come una città”, progetto di pedagogia popolare ideato e realizzato dal III Municipio di Roma. L’atmosfera è quella di una comunità che si è ritrovata, o forse riscoperta, che si è sentita come nuova, pronta a scambiare, a partecipare, a fare finalmente insieme politica e cultura.
È il Professor Luca Serianni, linguista e filologo tra i massimi esperti di storia della lingua italiana ad aprire questo evento culturale nel cuore del parco Jonio, un piccolo pezzo di verde col suo chioschetto, i tavoli e i giochi per i bambini, che si staglia tra i palazzi di viale Jonio e via Scarpanto, sopra il parcheggio del capolinea della metropolitana. Un pubblico numeroso, composto da persone di ogni età, ha accolto calorosamente il Professor Serianni, uno scroscio di applausi ha coperto i suoni del traffico circostante.
Luca Serianni, dalle parole della Costituzione all’integrazione, passando per Beccaria e Dante
“La lingua italiana come cittadinanza”: parte dalle parole della Costituzione, Luca Serianni.
Uguaglianza formale, sancita dall’articolo 3, e uguaglianza sostanziale, concetto questo “molto interessante in cui si dice che compito della Repubblica è fare in modo che coloro che hanno una situazione di svantaggio economico e sociale possano aspirare alla massima soddisfazione personale indipendentemente dal punto di partenza. Come si fa a tradurlo in pratica? Io credo che un elemento significativo, di fascino della Costituzione, è il fatto che sia carica di auspici segnati dalla storia che ha portato alla Costituzione”.
E poi, ri-educare: partendo da Cesare Beccaria, Luca Serianni mette al centro anche l’articolo 27 della Costituzione, quello dedicato alla funzione della pena. “La pena svolge una funzione general preventiva, come dicono i giuristi. Però accanto agli elementi costitutivi della sanzione penale c’è un altro concetto che va sottolineato, ovvero la sua funzione rieducativa. Non si deve perdere la speranza che il reo possa essere riammesso a pieno titolo nel godimento dei diritti civile che lui stesso col suo comportamento si è precluso”.
Le parole della Costituzione pronunciate da Serianni prendono respiro, si dilatano, e si fanno pensiero. Sull’importanza delle parole, il Professore cita il XXVI canto di Dante: come sono cambiate le parole stupido e scemo? Quelle parole dense di significato in Dante, sono oggi svuotate, quasi infantilizzate da chi vi ricorre nel linguaggio comune a mo’ di insulti, per non parlare dei social su cui la gente scrive “con una certa impudicizia”. Serianni sottolinea l’importanza fondante della scuola, non solo per saper storicizzare le parole della nostra lingua, ma anche per comprendere a pieno la lingua del presente, come ad esempio quella dei giornali. Ultimo punto di riflessione è la padronanza della lingua da assicurare al cittadino straniero. “Non potremmo mai chiedere a uno straniero di abdicare alla propria religione o rinunciare alla sua cucina regionale. Ma potremmo richiedere la padronanza della lingua, che in generale gli stranieri sono ben disposti ad imparare, per poter comunicare con la realtà che li circonda”. Continua: “Sono ammirevoli le iniziative che il volontariato cattolico e laico svolge per provvedere a questo insegnamento. Tuttavia si potrebbe fare molto di più da parte dello Stato perché è nel suo stesso interesse garantire questo livello di integrazione“. Diffondere l’italiano tra gli stranieri è per Serianni un compito della società utile a proteggere la nostra lingua e a moltiplicarne l’uso.
Costruire parole nuove
Lontano dalle parole abusate che i media ripropongono in questo momento politico, è più che mai necessario in oggi costruire nuove parole insieme. Termini come razzismo o antirazzismo sono stati svuotati, depauperati da una apparente paralisi degli ideali e delle azioni politiche. “Parlare una lingua non vuol dire solo scambiare parole. Parlare una lingua significa scambiare le idee”, commenta Niko, studente greco-albanese di architettura, seduto tra il pubblico del Professor Serianni. Accanto a lui, Maria Francesca, operatrice sociale in un C.A.S. (Centro di Accoglienza Straordinaria), che tiene lezioni di italiano L2 e promuove laboratori artistici per favorire l’apprendimento della lingua italiana: “Non servono solo esercizi e grammatica, ci si appropria della lingua quando ci si sente parte della comunità che la utilizza. Inoltre, per i migranti con livelli di istruzione più bassi, può essere utile esprimersi prima con un linguaggio “altro”, che sia un dipinto, o un modello di ceramica, per poi passare alla lingua successivamente”.
Una lingua comune a tutti, una lingua dell’empatia e dell’ascolto reciproco, dunque. Questa è la grande lezione di Luca Serianni. Fare delle parole della Costituzione una riflessione sui diritti umani, questa è cittadinanza. Una scuola che educhi a riempire le parole di significato, questa è cittadinanza. Insegnare la nostra lingua a chi entra a far parte della nostra comunità, anche questo è cittadinanza.
Elisabetta Rossi
(04 agosto 2018)
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